SERVA DI DIO SIMONA TRONCI
C’è
una ragazza, appassionata di volley e innamorata di Gesù, che sta giocando i
supplementari di un match, postumo ed impegnativo, presso la Congregazione dei
Santi e tutto lascia prevedere che presto anche la pallavolo avrà la sua prima
beata. Simonetta (ma chiamiamola Simona, perché lei preferisce!) Tronci è nata
a Cagliari il 13 ottobre 1960, terza di sei figli: un’infanzia e un’adolescenza
normali, piene di slancio e vitalità, con le vittorie sul campo di volley e le
appassionate sfide a calcetto, i bei voti a scuola ed i meravigliosi rapporti
di amicizia intrecciati. Tra questi ultimi, particolarmente intenso è quello
stabilito con Gesù: non può rinunciare alla comunione quotidiana; alle sue
lunghe ore di preghiera, anche notturna; ai suoi colloqui, confidenziali ed
intensi, che lasciano intravvedere come questa ragazza sia riuscita a stabilire
un filo diretto con l’aldilà. A 17 anni è tra le fondatrici della Comunità
carismatica della sua parrocchia: un gruppo giovane, brioso e spumeggiante
proprio come lei e di cui diventa ben presto l’anima. Con l’Effusione, ricevuta
nel 1978, sembra davvero che lo Spirito si impadronisca di lei, cesellando e
potenziando le sue qualità umane e spalancandole nuovi campi di apostolato, in
cui esprime i suoi carismi del canto, della preghiera, dell'esortazione,
dell'insegnamento. Nello zaino di Simona non manca mai la chitarra, per
invitare giovani ed adulti alla lode del Signore e alcuni dei canti da lei
composti sono ancora oggi eseguiti nelle comunità carismatiche di tutt’Italia:
”il mondo ha bisogno di sentir
cantare... deve riscoprire che c'è un Dio, un Dio d'Amore che ci chiama alla
gioia”, confida ai più intimi. Con l’entusiasmo dei giovani, che credono nei
valori della giustizia e della legalità, si iscrive a Giurisprudenza, che
abbandona dopo i primi pur brillanti esami, quando prende coscienza della
precarietà e dell’imperfezione della giustizia umana nei confronti di quella
divina. Si iscrive alla Facoltà Teologica di Cagliari, di cui è la prima donna
laica ad affrontare difficoltà e pregiudizi di un corso di studi ancora
fortemente maschilista; il massimo dei voti conseguiti fin dai primi esami
confermano la bontà della scelta e il suo interesse per la materia. Ottiene
anche le prime supplenze per insegnare religione e si sperimenta così subito
con entusiasmo in questa nuova veste. Nel 1981 si fidanza con Sergio e nelle
sue preghiere anche questo nuovo sentimento che le sboccia dentro diventa
occasione per lodare e ringraziare, come d’altronde fa sempre, “sia quando
otteneva qualcosa, sia nell'attesa di una grazia e, soprattutto, quando non
otteneva nulla di quanto richiesto: ringraziava da figlia ubbidiente al
Padre”. Il suo quotidiano diventa estremamente
ricco di incontri, di amicizie, di persone rintracciate anche nelle corsie
degli ospedali, per le quali Simona diventa
abbraccio per consolare, carità e fermezza per correggere, delicatezza
ed entusiasmo per sostenere. In questo periodo, alla lode ed al ringraziamento,
si affianca in lei la consapevolezza che la Croce può diventare un mezzo per
amare di più i fratelli. Approda a questa convinzione osservando che questa,
dal retro, non è occupata dal crocifisso: “Se guardo dietro la tua croce, Gesù,
vedo solo il legno, c'è un posto vuoto... là devo adagiarmi....”. L’occasione
le viene offerta dal cancro polmonare, che le viene diagnosticato nel 1983 ed
al quale non c’è rimedio, malgrado le cure cui si sottopone, anche a Parigi.
Preparata com’è a considerare la sofferenza come “l’ascensore che conduce in
paradiso”, Simona non si lascia distruggere dentro dalla malattia che le sta
demolendo il fisico: “se è meglio per me e la salvezza dei miei fratelli,
guariscimi. Ma se il mio servizio dovesse essere finito, ed è fonte di salvezza
per me e i fratelli, la mia famiglia, che Tu mi prenda, mio buon Gesù, sia
fatta la Tua volontà”. Per non privarla della Comunione cui non può rinunciare,
non potendo più deglutire l’ostia, arrivano a farle sorseggiare alcune gocce di
vino consacrato, prelevato con una siringa dal calice, durante la messa.
Immobilizzata nel suo letto, resa paralizzata, quasi sorda, muta e cieca in
attesa del grande incontro con l'Amato, si spegne il 18 aprile 1984, mercoledì
santo. Nel 2003 la Chiesa cagliaritana ha avviato l’inchiesta diocesana che
dovrebbe portarla tra breve alla gloria degli altari.
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