VENERABILE TERESA GONZALES-QUEVEDO
Alta, i capelli biondi
sulle spalle, lo sguardo pieno di luce, un volto dolcissimo, reso ancor più
bello dal sorriso. Questa era Maria Teresa Gonzales-Quevedo. Qualcuno disse
pure che sembrava una diva del cinema, tanto erano la sua avvenenza e il suo
indefinibile fascino.
Teresa era nata a Madrid
il 12 aprile 1930, Sabato Santo. Il padre, Callisto, era un noto medico della
capitale. Crebbe in una grande casa al centro di Madrid, nel cuore elegante
della capitale, la piazza d'Oriente, di fronte al Palazzo Reale.
Le piaceva molto giocare
alla pelota, un po’ meno studiare. Era una ragazza vivace, simpatica, ricercata
da tutti. Una madrilena autentica, con uno straordinario senso dell’umorismo,
ma anche con una certa inquietudine in fondo all’anima che, a poco a poco,
l’avrebbe condotta lontano, molto al di là di quanto lei stessa potesse
prevedere, fino alla donazione totale al Signore.
Di questa strana
inquietudine ne abbiamo traccia in un appunto da lei scritto quando aveva solo
dieci anni, sia pure storpiando un po’ la grammatica: “O deciso di essere
santa”.
In tale impegnativo
progetto di vita la Vergine Maria le apparve come la via migliore, quasi una
scorciatoia, che l’avrebbe condotta fino alle vette della santità. Teresita lo
comprende molto presto e, già nel 1944, si consacra alla Madonna nella
“Congregazione Mariana”. Sulla medaglia-distintivo della Congregazione fa
incidere il suo impegno: “Madre mia, chi guarda me, veda Te”.
Qualche tempo dopo,
durante una celebrazione mariana del mese di maggio, Teresita formula un
preghiera particolare, esprimendo qualcosa che sente profondamente dentro,
anche se ancora in modo non molto chiaro: “Madre mia, dammi la vocazione
religiosa!”. Ma ecco che subito dopo si sentì turbata, comprendendo la portata
della sua preghiera. “Mentre uscivo - confiderà poi ad una amica - mi venne una
paura terribile al pensare: E se la Madonna me la dà veramente?!...”.
A 17 anni, ammirata e
corteggiata da molti, lascia tutto per entrare nel convento delle Carmelitane
della Carità.
Durante il noviziato
legge la “Storia di un'anima” di S. Teresa di Lisieux, e annota nel suo diario:
“La piccola via di Santa Teresina mi piace molto, però per me, questa via deve
passare attraverso la Santa Vergine. L'amore alla Vergine, proprio perchè porta
a Gesù, è l'unica realtà che riempie la vita. Io non capisco come ci siano
persone alle quali la Madonna sia indifferente!”.
Man mano che il tempo
passa, anche se non ha ancora vent’anni, cresce in lei il desiderio di vedere
Maria e di stare con lei per l’eternità. All’inizio dell'Anno Santo 1950,
questo suo desiderio diventa convinzione: “Siccome quest'anno ci sarà una festa
molto grande (la proclamazione del dogma dell’Assunta), la Madonna non mi può
lasciare qui: quel giorno, lo passerò con la Madre celeste”.
Il 18 gennaio 1950, suor
Teresita avverte un forte dolore alla testa. La Madre Maestra, in un primo
momento ottimista, crede poi più prudente chiamare il padre, anche per la sua
professione di medico, ma senza temere ancora nulla di grave. Il dottor
Quevedo, al contrario, si rese subito conto della gravità del caso. La diagnosi
non lasciava speranze: meningite tubercolare.
La notte del Sabato
Santo, 8 aprile 1950, Teresa esclama a gran voce: “Madre mia, vieni a prendermi
e portami con Te, in Paradiso!”. Furono le sue ultime parole, prima di entrare
nella gioia eterna.
Il 9 giugno 1983,
Giovanni Paolo II ha riconosciuto l’eroicità delle sue virtù, dichiarandola
“Venerabile”, nell’attesa di vederla presto elevata, a Dio piacendo, alla
gloria degli altari.
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