SAN GIUSEPPE DA LEONESSA
Al
battesimo gli danno un nome insolito, Eufranio, che non sembra avere molti
precedenti (più noto è Eufronio, nome di due santi del V e VI secolo). Famiglia
importante, ma sfortunata: i genitori, Giovanni Desideri e Francesca Paolini,
muoiono in breve tempo quando lui è ancora piccolo. Studia sotto la guida dello
zio paterno Battista a Viterbo, poi si ammala e ritorna a Leonessa. Qui viene
in contatto con i frati cappuccini e decide di prendere anche lui il saio.
Eufranio
entra sedicenne nel loro convento di Assisi, fa il noviziato, a 17 anni già
pronuncia i voti e prende il nome di fra Giuseppe. Prosegue negli studi
teologici fino al sacerdozio (1580) e fa le sue prime esperienze di predicatore
nelle campagne dell’Italia centrale.
Il suo
sogno, però, è la missione. E si realizza per lui a 31 anni, quando il suo
Ordine lo manda con altri a Costantinopoli, l’antica capitale dell’Impero
romano d’Oriente, che da un secolo è capitale dell’Impero turco (l’ha
conquistata nel 1453 il sultano Maometto II sconfiggendo Costantino XI,
l’ultimo imperatore, caduto in combattimento con gli ultimi difensori: greci,
genovesi e veneziani). I turchi hanno lasciato al loro posto il patriarca e i
vescovi “orientali”, cioè separati dalla Chiesa di Roma in seguito allo scisma
nel 1094. I vescovi cattolici sono stati invece colpiti e allontanati. Tra i
fedeli, molti vivono in schiavitù, e altri sono isolati e dispersi intorno a
chiese in rovina.
I
missionari cappuccini hanno un loro programma graduale nella metropoli
d’Oriente: assistenza ai cattolici in prigionia, ai malati, collegamento con i
gruppi cattolici occidentali che sono a Costantinopoli per lavoro e commercio.
E così fa lui, fra Giuseppe. Ma il suo temperamentolo spinge a fare di più, e
subito: pensa di annunciare il Vangelo anche ai turchi, di rivolgersi
personalmente al sultano Murad III. Anzi, tenta di infilarsi nel suo palazzo. E
così lo arrestano come sovversivo, poi lo tengono per tre giorni appeso per una
mano e un piede a un’alta trave, sotto la quale è acceso un fuoco. Infine,
espulso, torna in Italia a fare il predicatore itinerante, accompagnato da
qualche confratello; e sempre a piedi, nello stile cappuccino (così può vedere
il mondo con gli occhi di coloro che a piedi vivono e muoiono). Si impone ritmi
quasi incredibili, che sfiancano i suoi compagni di missione: anche sei-sette
prediche in un giorno; e pochissimo riposo, perché è importantissimo anche il
colloquio con la persona singola, la famiglia singola. O con chi è condannato a
morte e lo vuole accanto a sé nel carcere, per le ultime ore di vita. Per i
malati, si sforza di far sorgere piccoli ospedali e ricoveri; a volte ci lavora
anche con le braccia. E combatte l’usura che dissangua le famiglie, facendo
nascere Monti di Pietà e Monti frumentari, per il piccolo credito a tasso
sopportabile.
Così,
per i paesi e le cittadine che attraversa e scuote, questo cappuccino diventa
un portavoce, una bandiera. Nasceranno confraternite intitolate al suo nome,
dopo la morte tra i cappuccini di Amatrice, a 56 anni, per una malattia molto
dolorosa. Fra Giuseppe viene sepoltolì, nella chiesa conventuale. Nel1639 il
corpo è poi trasportato a Leonessa, dove tuttora si trova, nel santuario a lui
dedicato. Papa Benedetto XIV lo proclama santo nel 1746.
Commenti
Posta un commento