VENERABILE GIOVANNI BATTISTA ARISTA DELL’ORATORIO
Il Servo di Dio
Giovanni Battista Arista nacque a Palermo il 2 aprile 1862 dall’avv. Domenico e
da Francesca Vigo, i quali si trasferirono ad Acireale quando il figlio aveva
otto mesi. Tutta l’infanzia e la giovinezza di Giambattista si svolse in questa
città, illustre centro di studi e sede di una Congregazione dell’Oratorio
umiliata da quelle leggi eversive che riuscirono in tante altre città d’Italia
a rendere impossibile la vita alle Comunità oratoriane giuridicamente
soppresse.
Il bimbo crebbe forte
nella volontà e dotato di robusta pietà a contatto con i suoi genitori e con i
Padri dell’Oratorio che, tra mille difficoltà, vivendo privatamente,
continuavano nella chiesa della Congregazione ad esercitare il ministero, con
una particolare attenzione all’educazione dei giovani nel Collegio San Michele.
La spiritualità
fortemente eucaristica e la tenera devozione verso la Vergine Immacolata
nutrirono la formazione di Giambattista e lo portarono ad accogliere la
vocazione al sacerdozio. Ordinato il 25 giugno del 1888, affascinato
dall’esempio di San Filippo Neri, sentì profondamente la chiamata a ricomporre
quella benemerita Congregazione, e nella vigilia della festa del Santo, nel
1895, terzo centenario della sua morte, riuscì ad iniziare la vita comune con
due Padri e due fratelli.
“Finalmente ci siamo
uniti in comunità! - scrisse a P. Giulio Castelli il 6 giugno - Qual sia il
contento dell’anima mia non so esprimere, e tanto meno so esprimere la
gratitudine che sento per il Buon Dio, che certo per l’intercessione della
Madonna e del nostro S. Filippo, in bonum Congregationis nos congregavit”.
Eletto Preposito nel 1896 e Direttore del Collegio, con possenti fiotti di vita
nuova P. Arista animò la Congregazione con le parole, ma soprattutto con gli
esempi di tenace fedeltà ai doveri della vita fraterna. Il suo cuore - preziose
le testimonianze dei Processi - splendeva di sconfinata bontà: la sua dolcezza,
che leniva tanti dolori, e la sua forza, che infondeva coraggio, sostennero i
passi della rinata Congregazione; ma attiravano, al tempo stesso, alla “scuola”
di P. Arista tante persone affascinate dal suo spirito sacerdotale.
Non aveva nulla di
suo che non desse con generosità: per i confratelli costruì la casa dove ancor
oggi vive la Congregazione Acese, in sostituzione di quella che le leggi
avevano confiscato; nutrito alla tradizione filippina, per Dio e per il popolo
cristiano abbellì la chiesa. Il campo del suo apostolato fu soprattutto la
gioventù, per la quale divideva la sua giornata tra l’Oratorio, il Collegio San
Michele e la Villa Filippina: una presenza intensa e paterna, lieta come quella
di Padre Filippo ed altrettanto feconda. “I giovani sono la mia passione ed il
mio sogno. - scriverà nel 1910, ormai Vescovo di Acireale - Amando i giovani
miei sento che per essi andrei incontro a sacrifici maggiori pur di far loro
del bene. Ed il bene che vorrei far loro è il vero bene che ha principio in
Dio, anzi, che non è diverso da Dio”. Ed i giovani lo hanno amato con la
freschezza e la filialità di cui sono capaci quando sentono che un adulto li
ama con tutto se stesso.
Il Vescovo di
Acireale, Mons. Gerlando Genuardi, non faticò certamente a vedere nel giovane
seminarista e poi nel Padre filippino la figura più alta della sua diocesi e
pensò a lui come successore. L’umiltà di P. Arista aveva ottenuto da Papa Leone
XIII, che nel 1901 lo aveva nominato Vescovo di Sebaste con incarico di Prelato
nullius di S. Lucia del Mela, di poter rifiutare la nomina già comunicata con
biglietto della Segreteria di Stato; la stessa umiltà non ottenne invece, nel
1904, di eludere la nomina ad Ausiliare di Acireale. P. Arista si recò a Roma in
quella circostanza, e le sue preghiere presso l’altare di S. Filippo rimasero
impresse nella mente di chi lo vide. P. Timpanaro ricorda d’averlo visto in
estasi, sollevato da terra, durante la celebrazione della S. Messa.
Continuò a vivere
umilmente in Congregazione e a dirigere il Collegio, impegnando parte del suo
tempo a servizio della diocesi e del Vescovo, già anziano e malato, e tre anni
dopo, alla morte di Mons. Genuardi, Pio X personalmente lo volle Vescovo della
diocesi: “Vorrei poterLa accontentare - scrisse il Papa di suo pugno a Mons.
Arista che lo supplicava di pensare ad altri - ma come posso resistere alla
manifesta volontà del Signore che La vuole Vescovo di Acireale?”.
“Omnia in caritate” è
il motto episcopale scelto dall’Arista: fu il programma attuato giorno per
giorno tra le enormi difficoltà causate da calamità naturali,
dall’incomprensione di politici, da problemi in Seminario, dalle infermità che
lo portarono a morire di cancro allo stomaco. “Oh dolore, dolore! - scriveva
nella Lettera Pastorale del 1918 - Vieni e lavora le nostre anime; vieni e
consuma in esse gli amori perversi che tentano di spegnere la sacra fiamma
della carità; vieni e stabilisci in esse della carità il regno. Così piaceremo
a Dio; così compiremo la legge di Dio!”.
“Ci voglio stare
sulla croce - ripeteva - Gesù mio, ci voglio stare. Dalla croce si sale, non si
scende… Ad ogni costo sulla croce”. Fu il Vescovo dell’Eucarestia, e
dall’Eucarestia trasse la forza di servire con amore senza misura ogni fedele
della sua Chiesa, prete o laico. Spirò il 27 settembre 1920, consumato dalla
malattia ed ancor più da un dono incessante che gli fece spendere la vita
stilla a stilla. Volle riposare nella chiesa dell’Oratorio, accanto al
tabernacolo, amore della sua vita, e sotto lo sguardo della Madonna della
Purità, alla quale disse, tra le ultime parole pronunciate su questa terra:
“Mia Signora e Madre mia, ricordatevi che io sono vostro”.
Il 1 giugno 2007 Sua
Santità Benedetto XVI lo ha proclamato Venerabile.
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