SANT’ANNA – MADRE DELLA VERGINE
Quasi
ogni città ha una chiesa a lei dedicata, Caserta la considera sua celeste
Patrona, il nome di Anna si ripete nelle intestazioni di strade, rioni di
città, cliniche e altri luoghi; alcuni Comuni portano il suo nome.
La
madre della Vergine, è titolare di svariati patronati quasi tutti legati a
Maria; poiché portò nel suo grembo la speranza del mondo, il suo mantello è
verde, per questo in Bretagna dove le sono devotissimi, è invocata per la
raccolta del fieno; poiché custodì Maria come gioiello in uno scrigno, è
patrona di orefici e bottai; protegge i minatori, falegnami, carpentieri,
ebanisti e tornitori.
Perché
insegnò alla Vergine a pulire la casa, a cucire, tessere, è patrona dei
fabbricanti di scope, dei tessitori, dei sarti, fabbricanti e commercianti di
tele per la casa e biancheria.
È
soprattutto patrona delle madri di famiglia, delle vedove, delle partorienti, è
invocata nei parti difficili e contro la sterilità coniugale.
Il
nome di Anna deriva dall’ebraico Hannah (grazia) e non è ricordata nei Vangeli
canonici; ne parlano invece i vangeli apocrifi della Natività e dell’Infanzia,
di cui il più antico è il cosiddetto “Protovangelo di san Giacomo”, scritto non
oltre la metà del II secolo.
Questi
scritti benché non siano stati accettati formalmente dalla Chiesa e contengono
anche delle eresie, hanno in definitiva influito sulla devozione e nella
liturgia, perché alcune notizie riportate sono ritenute autentiche e in
sintonia con la tradizione, come la Presentazione di Maria al tempio e
l’Assunzione al cielo, come il nome del centurione Longino che colpì Gesù con
la lancia, la storia della Veronica, ecc.
Il
“Protovangelo di san Giacomo” narra che Gioacchino, sposo di Anna, era un uomo
pio e molto ricco e abitava vicino Gerusalemme, nei pressi della fonte Piscina
Probatica; un giorno mentre stava portando le sue abbondanti offerte al Tempio
come faceva ogni anno, il gran sacerdote Ruben lo fermò dicendogli: “Tu non hai
il diritto di farlo per primo, perché non hai generato prole”.
Gioacchino
ed Anna erano sposi che si amavano veramente, ma non avevano figli e ormai data
l’età non ne avrebbero più avuti; secondo la mentalità ebraica del tempo, il
gran sacerdote scorgeva la maledizione divina su di loro, perciò erano sterili.
L’anziano
ricco pastore, per l’amore che portava alla sua sposa, non voleva trovarsi
un’altra donna per avere un figlio; pertanto addolorato dalle parole del gran
sacerdote si recò nell’archivio delle dodici tribù di Israele per verificare se
quel che diceva Ruben fosse vero e una volta constatato che tutti gli uomini
pii ed osservanti avevano avuto figli, sconvolto non ebbe il coraggio di
tornare a casa e si ritirò in una sua terra di montagna e per quaranta giorni e
quaranta notti supplicò l’aiuto di Dio fra lacrime, preghiere e digiuni.
Anche
Anna soffriva per questa sterilità, a ciò si aggiunse la sofferenza per questa
‘fuga’ del marito; quindi si mise in intensa preghiera chiedendo a Dio di
esaudire la loro implorazione di avere un figlio.
Durante
la preghiera le apparve un angelo che le annunciò: “Anna, Anna, il Signore ha
ascoltato la tua preghiera e tu concepirai e partorirai e si parlerà della tua
prole in tutto il mondo”.
Così
avvenne e dopo alcuni mesi Anna partorì. Il “Protovangelo di san Giacomo”
conclude: “Trascorsi i giorni necessari si purificò, diede la poppa alla bimba
chiamandola Maria, ossia ‘prediletta del Signore’”.
Altri
vangeli apocrifi dicono che Anna avrebbe concepito la Vergine Maria in modo
miracoloso durante l’assenza del marito, ma è evidente il ricalco di un altro
episodio biblico, la cui protagonista porta lo stesso nome di Anna, anch’ella
sterile e che sarà prodigiosamente madre di Samuele.
Gioacchino
portò di nuovo al tempio con la bimba, i suoi doni: dieci agnelli, dodici
vitelli e cento capretti senza macchia.
L’iconografia
orientale mette in risalto rendendolo celebre, l’incontro alla porta della
città, di Anna e Gioacchino che ritorna dalla montagna, noto come “l’incontro
alla porta aurea” di Gerusalemme; aurea perché dorata, di cui tuttavia non ci
sono notizie storiche.
I
pii genitori, grati a Dio del dono ricevuto, crebbero con amore la piccola
Maria, che a tre anni fu condotta al Tempio di Gerusalemme, per essere
consacrata al servizio del tempio stesso, secondo la promessa fatta da
entrambi, quando implorarono la grazia di un figlio.
Dopo
i tre anni Gioacchino non compare più nei testi, mentre invece Anna viene
ancora menzionata in altri vangeli apocrifi successivi, che dicono visse fino
all’età di ottanta anni, inoltre si dice che Anna rimasta vedova si sposò altre
due volte, avendo due figli la cui progenie è considerata, soprattutto nei
paesi di lingua tedesca, come la “Santa Parentela” di Gesù.
Il
culto di Gioacchino e di Anna si diffuse prima in Oriente e poi in Occidente
(anche a seguito delle numerose reliquie portate dalle Crociate); la prima
manifestazione del culto in Oriente, risale al tempo di Giustiniano, che fece
costruire nel 550 ca. a Costantinopoli una chiesa in onore di s. Anna.
L’affermazione
del culto in Occidente fu graduale e più tarda nel tempo, la sua immagine si trova
già tra i mosaici dell’arco trionfale di S. Maria Maggiore (sec. V) e tra gli
affreschi di S. Maria Antiqua (sec. VII); ma il suo culto cominciò verso il X
secolo a Napoli e poi man mano estendendosi in altre località, fino a
raggiungere la massima diffusione nel XV secolo, al punto che papa Gregorio
XIII (1502-1585), decise nel 1584 di inserire la celebrazione di s. Anna nel
Messale Romano, estendendola a tutta la Chiesa; ma il suo culto fu più intenso
nei Paesi dell’Europa Settentrionale anche grazie al libro di Giovanni
Trithemius “Tractatus de laudibus sanctissimae Annae” (Magonza, 1494).
Gioacchino
fu lasciato discretamente in disparte per lunghi secoli e poi inserito nelle
celebrazioni in data diversa; Anna il 25 luglio dai Greci in Oriente e il 26
luglio dai Latini in Occidente, Gioacchino dal 1584 venne ricordato prima il 20
marzo, poi nel 1788 alla domenica dell’ottava dell’Assunta, nel 1913 si stabilì
il 16 agosto, fino a ricongiungersi nel nuovo calendario liturgico, alla sua
consorte il 26 luglio.
Artisti
di tutti i tempi hanno raffigurato Anna quasi sempre in gruppo, come Anna,
Gioacchino e la piccola Maria oppure seduta su una alta sedia come un’antica
matrona con Maria bambina accanto, o ancora nella posa ‘trinitaria’ cioè con la
Madonna e con Gesù bambino, così da indicare le tre generazioni presenti.
Dice
Gesù nel Vangelo “Dai frutti conoscerete la pianta” e noi conosciamo il fiore e
il frutto derivato dalla annosa pianta: la Vergine, Immacolata fin dal
concepimento, colei che preservata dal peccato originale doveva diventare il
tabernacolo vivente del Dio fatto uomo.
Dalla
santità del frutto, cioè di Maria, deduciamo la santità dei suoi genitori Anna
e Gioacchino.
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