VENERABILE PAOLO PIO PERAZZO
Presto
i ferrovieri potrebbero avere un patrono in cielo, ma già adesso hanno un
validissimo modello cui ispirarsi. Il “ferroviere santo” Paolo Pio Perazzo
nasce a Nizza Monferrato nel 1846. A 15 anni, dopo il ginnasio, viene assunto
come bigliettaio alle dipendenze delle piccole ferrovie del Regno Sardo, che
nel tempo e proprio a partire da quell’anno (siamo nel 1861), diventeranno le
ferrovie dello stato italiano. Prima lavora nella piccola stazione di Pinerolo,
poi viene trasferito a Porta Nuova, a Torino. È intelligente, capace e solerte
e così diventa autore di quasi tutti i regolamenti interni di cui le Ferrovie
devono dotarsi in quegli anni. Ci sarebbe da aspettarsi che un uomo così faccia
carriera e che possa aspirare ad un più che dovuto aumento di stipendio,
invece, inspiegabilmente, non riesce ad andare oltre la qualifica di
sotto-capoufficio, dato che gli rifiutano gli avanzamenti cui avrebbe diritto,
se non altro per anzianità. Gli fanno sputare sangue anche sui turni di lavoro
e sugli straordinari, in una parola cercano di rendergli la vita impossibile
per il semplice fatto che lui non fa mistero della propria fede e non si piega
a ricatti o a compromessi. In un periodo in cui la massoneria serpeggia nelle
alte gerarchie delle Ferrovie, Paolo è antimassone dichiarato, fonda o dirige
associazioni antiblasfeme, combatte il turpiloquio, è l’anima delle
associazioni cattoliche di quella seconda metà dell’Ottocento torinese. Come se
non bastasse, è legato da fraterna amicizia e da profonda sintonia spirituale
con le figure eccellenti del cattolicesimo dell’epoca, da don Bosco al
Murialdo, dalle sorelle Comoglio a
Giuseppe Toniolo e Faà di Bruno. Come a dire: i santi non spuntano come
funghi e, da vicino o da lontano, si conoscono, si stimano e si aiutano a
vicenda. Se Paolo vivesse oggi, il suo sarebbe un caso di mobbing da portare in
tribunale, ma in un periodo in cui i diritti dei lavoratori fanno ancora fatica
a farsi strada lui reagisce a modo suo all’indiscutibile discriminazione che i
superiori esercitano a suo danno: svolgendo nel più scrupoloso dei modi il suo
servizio, non badando ad orari, turni, riposi e festività, tutto orientato a
trasformare il suo lavoro in mezzo di santificazione, come gli insegna anche la
spiritualità francescana di cui è permeato come iscritto al Terz’Ordine. Per
piacere, però, non chiamatelo crumiro e neppure desistente, piuttosto uomo
dalla schiena diritta e dalle spalle larghe, che tutto sopporta con invidiabile
serenità e inalterata fede in Dio, attingendo forza dall’Eucaristia, ricevuta e
adorata, perché, tra l’altro, si è fatto promotore dell’adorazione quotidiana,
fondando e presiedendo un’arciconfraternita, ancora oggi viva e operante. Forse
in linea con lo stile di vita sobrio e austero che si è imposto, certamente in
armonia con la sua coscienza di cattolico paziente e mite, rinuncia a far
valere i propri diritti, ma non dimentica quelli dei colleghi e nel 1910 figura
tra i fondatori del primo sindacato cattolico dei ferrovieri, per i quali fa
stampare anche un periodico, “Il Direttissimo”. Mette la sua penna a servizio
della stampa cattolica e il suo portafoglio a disposizione dei poveri, primi
fra tutti i colleghi bisognosi, le loro vedove e i loro orfani, mentre le
Conferenze di San Vincenzo torinesi lo annoverano tra i loro confratelli più
fedeli e generosi. Dopo 47 anni di servizio neppur adeguatamente remunerato,
Paolo viene collocato in pensione anticipata con due soli giorni di preavviso,
per il semplice fatto di aver osato denunciare ai superiori i soprusi fino a
quel punto subiti. Gli rovinano così anche la pensione e a nulla serve un
ricorso al Consiglio di Stato, ma non per questo Paolo perde la sua serenità,
ritrovandosi anzi con più tempo da dedicare alle varie associazioni di cui fa
parte, in Diocesi ed anche fuori. Muore il 22 novembre 1911, per la morsicatura
di un cagnolino rabbioso e per l’errata diagnosi dei medici, che gli fanno
iniziare la cura antirabbica quando ormai per lui non c’è più nulla da fare.
Sepolto in un primo tempo a Nizza Monferrato nella tomba di famiglia, 40 anni
dopo il “santo di Porta Nuova” ritorna a Torino come in trionfo. Nel 1998, con
il riconoscimento delle sue virtù eroiche, viene dichiarato venerabile e si
attende un miracolo per la sua beatificazione.
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