SANT’ARCANGELO TADINI



 


 

Infanzia e famiglia

 

Arcangelo Tadini nacque il 12 ottobre 1846 a Verolanuova, in provincia e diocesi di Brescia. Era il penultimo dei quattro figli nati da Pietro e Antonia Gadola e, in totale, degli undici che il padre aveva avuto, contando anche quelli del precedente matrimonio con Giulia Gadola, sorella di Antonia, morta a ventotto anni.

Fu battezzato nella chiesa prepositurale di San Lorenzo martire a Verolanuova il 18 ottobre 1846, a quattro giorni dalla nascita. La sua famiglia era benestante, Arcangelo crebbe in un ambiente liberale che però non influì, in nessun modo, sulla sua formazione.

Ereditò dalla madre una salute cagionevole, tanto che rischiò di morire a due anni. Frequentò le elementari a Verolanuova fino ai dieci anni circa. Verso il 1855-56 passò al ginnasio di Lovere dove studiavano i suoi fratelli Alessandro e Giulio. Entrambi passarono al Seminario diocesano di Brescia, ma solo il secondo divenne sacerdote.

 

Vocazione al sacerdozio diocesano

 

Fu nel periodo della prima Messa del fratello Giulio e tramite la frequentazione di casa sua, diventata un oratorio festivo, che Arcangelo maturò la vocazione al sacerdozio; a dire il vero, già alla fine delle elementari si sentiva orientato in quel senso. Nonostante fossero tempi in cui l’anticlericalismo era diffuso anche nei ceti agiati come il suo, il ragazzo non si lasciò impressionare, anzi, si sentì ancora più motivato a intraprendere quella via.

Entrò nel seminario di Brescia nel 1864, per studiare filosofia e teologia. Terminò dopo sei anni, nel 1870, quando venne ordinato sacerdote dal vescovo-principe di Trento, monsignor Benedetto Riccabona de Reichelfels, perché monsignor Girolamo Verzieri, vescovo di Brescia, era a Roma per i lavori del Concilio Vaticano I. Celebrò la prima Messa a Verolanuova il 26 giugno 1870.

 

I primi tempi del ministero

 

Cominciò il suo ministero pastorale come curato (viceparroco) e maestro elementare a Lodrino in Val Trompia, dal 29 giugno 1871 al 27 maggio 1873. Svolse un’intensa attività pastorale a dispetto di grandi difficoltà fisiche: quand'era ancora in Seminario, infatti, si era fratturato un ginocchio ed era rimasto zoppo perché non fu curato bene.

In seguito venne trasferito alla Noce, frazione periferica di Brescia, presso il santuario di Santa Maria della Noce, dipendente dalla parrocchia di San Nazzaro in Brescia. Don Arcangelo vi rifulse come uomo di Dio ricco di carità evangelica e ottimo direttore di anime. Inoltre si occupò di restaurare la chiesa, dotandola di un battistero, e di elevarla a curazia.

 

Curato, poi parroco-arciprete di Botticino Sera

 

Nel 1885 venne nominato curato della parrocchia di Santa Maria Assunta a Botticino Sera, sempre in provincia di Brescia, per affiancare il parroco in carica, don Cortesi, gravemente ammalato. Arrivò in paese il 29 novembre, ma un anno dopo, il 26 novembre 1886, il parroco morì e lui venne nominato economo spirituale. Il 20 luglio 1887, mentre era ad Abano per le cure termali, gli giunse la nomina a parroco-arciprete di Botticino Sera.

Si diede subito all’opera, per riparare alle mancanze compiute dai suoi predecessori, partendo dai giovani: aprì per loro l’oratorio e costituì la banda musicale. Per gli adulti rifondò la Confraternita del SS. Sacramento e istituì il Terz’ ordine Francescano. Infine, per tutelare i lavoratori, nel 1893 avviò la Società Operaia di Mutuo Soccorso.

Attento alle famiglie, curava lo sviluppo delle giovani coppie, senza dimenticare gli ammalati, dai quali si recava con entusiasmo. Il motto del suo ministero era: «Tutta la mia scienza è la Croce e tutta la mia forza è la stola».

 

Carattere e stile di vita

 

In mezzo alle molte attività, la sua giornata  era scandita da numerosi momenti di adorazione: iniziava molto presto, alle 4 del mattino, apriva la chiesa e si portava nella casa madre delle suore operaie per dettare la meditazione alle suore, celebrare l'Eucaristia e poi risalire in parrocchia per le Confessioni dei parrocchiani. Sempre disponibile, di temperamento riflessivo e serio, s’impegnava a sorridere a tutti, specie ai bambini.

Per ragioni di salute e sobrietà, il suo vitto era strettamente vegetariano. Seguiva in questo gli insegnamenti dell'abate tedesco Sebastian Kneipp, che prevedevano anche cure a base di bagni, in un’epoca in cui la medicina moderna stava compiendo i primi passi.

 

Preoccupazione per le giovani operaie

 

Le ragazze di Botticino, per aiutare economicamente la famiglia, cercavano lavoro nelle filande del bresciano, e perciò erano assenti spesso da casa. Don Arcangelo, che considerava la parrocchia come la famiglia di ogni cristiano, soffriva nel constatare la dispersione del suo popolo.

Per le sue giovani aveva impiantato la Pia Unione delle Figlie di Maria, ma sentiva di poter fare di più. Per questo motivo, progettò lui stesso e fece costruire in paese una filanda, affinché le ragazze non abbandonassero la famiglia. Attuò così lo spirito dell’enciclica «Rerum Novarum» di papa Leone XIII, in sintonia con il movimento cattolico-sociale di fine Ottocento a Brescia.

 

La prima idea di fondazione

 

Volle però che le giovani fossero guidate materialmente e spiritualmente. Aiutato da un gesuita suo amico, padre Maffeo Franzini, diede nuovo slancio alla Compagnia di Sant’Angela (le Orsoline secolari), ma col tempo comprese che fossero necessarie religiose che assistessero le operaie, anzi, lavorassero gomito a gomito con loro.

Padre Franzini inviò a Botticino Sera da Milano la signorina Leopoldina Paris, ex religiosa canossiana, la quale rimase solo un anno, perchè non condivideva né il carisma della fondazione, né l'austerità di vita di don Arcangelo.

Allora il parroco  chiese ad alcune operaie sue parrocchiane di condividere il progetto. Esse acconsentirono: iniziò con loro la nuova Fondazione, dando la responsabilità a Romana Maffeis.

 

Le Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth

 

Nel 1900 si formò una prima comunità di religiose, ma le leggi ecclesiastiche dell'epoca imponevano ai vescovi di non autorizzare nessuna nuova fondazione, a meno che non avesse un fine specifico ben chiaro. Di conseguenza, don Arcangelo chiese a padre Franzini di scrivere una lettera al vescovo di Brescia, dove indicava la sua idea: come esistevano suore dedite all'educazione o alla cura dei malati, oppure di vita contemplativa, dovevano sorgere anche suore operaie.

Alla comunità diede il modello della Sacra Famiglia, perché desiderava che le sue figlie fossero eroiche, aperte alla Chiesa e attente al mondo del lavoro, donne che sapessero lavorare sorridendo. Il nome completo fu scelto: Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth. Romana Maffeis assunse il nome religioso di suor Nazarena.

 

Le difficoltà della fondazione

 

Don Arcangelo dovette affrontare molte difficoltà economiche e parecchie incomprensioni, anche da parte di sacerdoti che non ritenevano opportuno che delle religiose facessero anche le operaie, svolgendo così una missione poco confacente a delle persone consacrate, perdipiù in un ambiente ostile alla Chiesa, come erano le fabbriche.

Le Suore Operaie furono oggetto di una visita apostolica da parte del vescovo di Prato e rischiarono di scomparire, assorbite dalle Ancelle della Carità di Brescia, già ben avviate; tuttavia, quel progetto non ebbe seguito.

 

 

Il testamento di don Arcangelo

 

L' arto zoppiccante e non curato aveva portato don Arcangelo a dover usare un bastone, ma progressivamente lui divenne paralizzato, tanto da dover essere portato in chiesa  con la carrozzella. Fu in quel modo che accolse i suoi parrocchiani il 21 marzo 1912, nel 25° anniversario del suo ingresso come parroco.

La sua omelia ebbe però i toni di un testamento spirituale, più che di rendimento di grazie: «Io non vivrò ancora molto. E non ho nulla da lasciare a Botticino in ricordo. Ma vi è una cosa che vivrà dopo di me e che lascio a voi: mi sono sacrificato per dare il pane ai miei parrocchiani, fabbricando a stento e con grandi fatiche la filanda affinché le figliuole non uscissero di paese con loro pericolo. Ma questo non bastava perché l’opera fosse compiuta. Ed ecco anime generose che abbandonano la famiglia e ciò che hanno di più caro per seguire la voce di Dio che le chiama a mettersi tra le operaie, a lavorare con loro, procurando con il buon esempio di essere di stimolo a far amare il lavoro e a non maledirlo. Se tutto ciò continuerà nel timore di Dio e nella fedeltà all’opera, allora le difficoltà saranno, con l’aiuto di Dio, superate, altrimenti io pregherò il Signore che tutto si sciolga».

 

La morte

 

L'8 maggio 1912, mentre celebrava la Messa, fu colpito da un malore. L’indomani ricevette la Comunione come Viatico e l’Unzione degli infermi dal suo confessore. Morì una settimana dopo, il 20 maggio 1912 alle ore 5  nella sua canonica.

La salma fu vegliata giorno e notte dai suoi giovani parrocchiani e i funerali si svolsero il giorno seguente. La bara fu portata a spalla da quattro giovani per tutto il paese, passando anche per via san Michele, sede della Casa madre delle suore. Venne quindi sepolto nel cimitero di Botticino.

Un necrologio su «Il Cittadino di Brescia» diede notizia della sua morte, ricordando il suo impegno parrocchiale, la sua austerità e sacrificio, la sua malattia. Di lì a poco, la sua fama di santità si sparse dentro e fuori la diocesi.

 

Il processo di beatificazione

 

Il processo ordinario informativo iniziò nella diocesi di Brescia il 13 gennaio 1960 e si concluse il 19 giugno 1964, completato dal decreto sugli scritti il 5 marzo 1970. Anche a seguito delle nuove legislazioni circa le cause di beatificazione, il processo informativo venne convalidato solo il 27 ottobre 1989. La “Positio super virtutibus” venne invece consegnata nel 1992.

In seguito alla riunione dei consultori teologi, il 16 giugno 1998, e dei cardinali e vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi, il 17 novembre dello stesso anno, il Papa san Giovanni Paolo II riconobbe l’eroicità delle virtù di don Arcangelo il 21 dicembre 1998 e promulgò il decreto relativo.

 

Il miracolo e la beatificazione

 

Nel 1966, da aprile a maggio, si svolse l’inchiesta diocesana per l’esame di un presunto miracolo attribuito all’intercessione del Servo di Dio don Arcangelo Tadini. Si trattava del fatto accaduto a suor Carmela Berardi, delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth, colpita ancora giovane da tubercolosi polmonare, apicale, bilaterale, che le bloccò le corde vocali, rendendola afona per sette anni.

In occasione della riesumazione della salma del fondatore l'11 marzo 1943 alla presenza del tribunale diocesano, della comunità delle suore operaie, la superiora generale impose a suor Carmela di inginocchiarsi e pregare il Miserere. La sorella obbedì e all'istante  incominciò a parlare e pregare a voce alta con sorpresa di tutti gli astanti.Da quel momento sparirono anche i danni della tubercolosi.

Nel dicembre del 1998 la Consulta medica diede parere positivo, mentre il 23 marzo 1999 il Congresso dei Teologi si pronunciò favorevolmente circa l’intercessione del candidato agli altari. Il 18 maggio seguente i Cardinali e Vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi giudicarono come vero miracolo l’asserito caso prodigioso.

Il 21 giugno 1999 san Giovanni Paolo II promulgò il decreto sul miracolo e celebrò il rito della beatificazione in piazza San Pietro a Roma il 3 ottobre 1999. La memoria liturgica del Beato Arcangelo Tadini venne quindi fissata, per la diocesi di Brescia e le Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth, al 21 maggio, il giorno seguente a quello della sua nascita al Cielo.

 

Il secondo miracolo e la canonizzazione

 

Per la canonizzazione è stata presentata alla Congregazione per le Cause dei Santi la inspiegabile risoluzione spontanea e duratura da sterilità di coppia multifattoriale, perdurante da 4 anni di due giovani coniugi, Elisabetta Fostini e Roberto Marazzi, di Brescia.

I medici, alla fine, suggerirono loro di pensare alla fecondazione in vitro, ma i Marazzi rifiutarono. Entrarono in contatto, invece, con un gruppo di famiglie che si riuniva nella Casa madre delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth, il Gruppo famiglia Beato Tadini: ogni mese, dall’aprile 2004, si trovarono a pregare con le altre famiglie, per chiedere la grazia di una gravidanza. Alla nascita di Maria, il 5 agosto 2005, seguì quella di un altro bambino, Giovanni, il 3 dicembre 2006.

L’inchiesta diocesana è stata celebrata nella diocesi di Brescia dal 16 giugno al 16 luglio 2006. Nella seduta del 15 novembre 2007 la Consulta medica del Dicastero ha riconosciuto all’unanimità l’evento come inspiegabile scientificamente. Il caso è stato esaminato con esito positivo dai Consultori Teologici il 22 aprile 2008 e dai Cardinali e Vescovi il 28 ottobre successivo.

Papa Benedetto XVI ha quindi autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto sul miracolo il 6 dicembre 2008. Durante il Concistoro del 21 febbraio 2009 ha poi annunciato la data di canonizzazione del Beato Arcangelo Tadini, celebrata il 26 aprile 2009, di nuovo in piazza San Pietro a Roma.

 

Il culto

 

Come già detto, la memoria liturgica di sant’Arcangelo Tadini cade il 21 maggio.

I suoi resti mortali furono poi portati dal cimitero di Botticino alla chiesetta della Casa madre delle suore, intitolata alla Sacra Famiglia. Il 24 maggio 1999 si è tenuta la ricognizione canonica, al termine della quale le reliquie del Beato  sono state rinchiuse in un’urna di bronzo su foglia d'oro.

Dopo la canonizzazione è stato deciso di restituire le sue reliquie alla parrocchia di Santa Maria Assunta di Botticino Sera, che lui aveva servito per venticinque anni. Il 29 ottobre 2009, quindi, si è proceduto a una nuova ricognizione, al termine della quale i resti sono stati chiusi in un nuovo contenitore. Da allora sono venerati presso l’altare già dedicato a san Carlo Borromeo.

Il 18 maggio 2009 alla chiesa parrocchiale è stato conferito il titolo di Santuario Diocesano dedicato a Sant’Arcangelo Tadini e, due giorni dopo, è diventato Basilica minore. Infine, le tre parrocchie di Botticino non potevano che adottarlo come loro patrono.

 

Le Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth oggi

 

Il 30 novembre 1931 le Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth ebbero la prima approvazione diocesana per decreto del vescovo di Brescia, monsignor Giacinto Gaggia.  Quanto all’approvazione pontificia, fu preparata dal decreto di lode, datato 12 gennaio 1953, e completata con l’approvazione delle Costituzioni il 16 marzo 1962. Da allora sono una congregazione di diritto pontificio.

Le suore, attualmente circa 200, esercitano il loro apostolato nelle fabbriche, nelle mense, negli ambulatori e in varie opere in aiuto agli operai, pur non trascurando l’impegno pastorale nelle parrocchie. La casa madre è a Botticino Sera, mentre altre comunità si trovano in Brasile, Burundi, Ruanda, Mali e in Inghilterra.

 

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