SERVO DI DIO JOSEF ENGLING
Josef Engling nacque il
5 gennaio 1898 a Prossitten, nella Prussia Occidentale (all’epoca in Germania,
attualmente in Polonia e denominata Prosity), quarto dei sette figli del sarto
Augusto. Nella prima infanzia venne colpito da un principio di poliomielite,
che produsse un lieve incurvamento nelle gambe; inoltre, aveva difficoltà nel
parlare e non riusciva a pronunciare bene la lettera “r”. Nonostante questi
lievi difetti fisici, sviluppò una costituzione robusta e una statura imponente.
Nel 1904 iniziò le
scuole elementari. Non era particolarmente brillante, ma, grazie alla sua
perseveranza, arrivò a diventare il primo della classe. A volte, sua madre
doveva tenere a freno i suoi impeti di collera, specie se a scuola accadeva qualche
ingiustizia.
A dodici anni, nel
maggio 1910, Josef decise di tenere un diario: «Questo libro non verrà usato
per vanità, bensì per migliorare la mia vita e per prepararmi alla mia Prima Comunione. Ho preso il proposito di
tenere un diario, dato che presto la riceverò». Ciò avvenne il 29 giugno 1910:
da quel giorno, l’interrogativo di cosa fare della sua vita si fece sempre più
pressante.
Prime intuizioni
vocazionali
La sua vaga idea di
essere sacerdote e missionario si concretizzò quando gli giunse tra le mani un
numero di «Der Stern von Africa («Stella dell’Africa»), un periodico, cui i
suoi genitori erano abbonati, edito dalla Società dei Padri Pallottini, fondata
da san Vincenzo Pallotti. Tuttavia, conservò il segreto per due anni, durante i
quali continuò a lavorare come contadino.
Ogni tanto lasciava
trasparire qualcosa nei colloqui con sua madre, finché non le disse che a
maggio avrebbe raccontato tutto. Giunto il mese tradizionalmente dedicato alla
Madonna, il ragazzo si aprì al parroco del suo paese per chiedergli di
prepararlo ad entrare in una Congregazione missionaria. Risolte le difficoltà
economiche grazie al sostegno dei Pallottini di Limburg, gli stessi che
pubblicavano «Stella dell’Africa», i genitori diedero il loro assenso.
Nel Seminario dei
Pallottini
Nel settembre 1912 Josef
entrò nel Seminario Minore dei Pallottini a Schoenstatt, un paesino presso
Vallendar-am-Rhein, vicino Coblenza. Sulle prime, non trovò buona accoglienza:
i compagni lo definivano tonto e lento di comprendonio e lo schernivano a causa
delle sue origini contadine. Quelle prese in giro ebbero l’effetto di produrre
in lui una serie di dubbi circa il cammino intrapreso, ma, dopo un anno in cui
ebbe pregato a lungo in spirito di affidamento alla Vergine Maria, prese la
decisione definitiva: sarebbe diventato sacerdote, nonostante tutto.
La sua ferrea volontà,
di cui aveva già dato prova, lo fece diventare nuovamente il primo della
classe: alla fine dell’anno scolastico 1913/1914 fu tra gli studenti che
conseguirono dei premi speciali, grazie anche al suo anelito per la conoscenza.
I compagni, a quel punto, superarono i pregiudizi che nutrivano nei suoi
confronti e non provarono invidia per lui.
Un grande aiuto per la
sua maturazione a tutto tondo gli venne dal padre spirituale del Seminario
Minore, p. Joseph Kentenich. Durante le sue lezioni di religione e le
conferenze spirituali, insegnava ai ragazzi che dentro di loro vivevano due
esseri spirituali: l’“angioletto”, personificazione delle aspirazioni più
elevate, e l’“animaletto”, concretizzazione delle pulsioni negative. Josef,
grazie a quelle istruzioni spirituali, apprese come dominare il suo
“animaletto”, ossia gli scoppi d’ira causati dal suo alto senso dell’onore.
Allo scoppio del primo
conflitto mondiale, sul finire del luglio 1914, gli allievi vennero mandati in
vacanza. La scuola si trasformò in un ospedale, che ospitava circa duecento
feriti lievi.
L’Atto di Fondazione del
Movimento Apostolico di Schoenstatt
Verso la metà di
ottobre, le classi medie e superiori vennero trasferite nella cosiddetta “Casa
Vecchia”, un edificio situato presso un ex convento delle monache agostiniane.
Non molto lontano da lì sorgeva una piccola cappella, dedicata a san Michele
arcangelo, che venne presto riadattata al culto.
Fu lì che, il 18 ottobre
1914, padre Kentenich radunò i giovani aderenti alla Congregazione Mariana del
Seminario, sorta nella Pasqua del medesimo anno, ed espose il suo progetto:
implorare con loro la Madonna affinché rendesse quel luogo una sorgente di
grazie. Quel momento passò alla storia come l’Atto di Fondazione di quello che
successivamente divenne il Movimento Apostolico di Schoenstatt.
Josef mancava a
quell’atto solenne, dato che era a casa in vacanza. Quando tornò, rimase
colpito in particolare dall’aspetto che i giovani della congregazione
denominarono “contributo al Capitale di Grazie della Madre di Dio”: offrire le
proprie preghiere, fatiche e sofferenze quotidiane, il compimento dei propri
doveri e la propria educazione personale, affinché, per mezzo di Maria, si
costruisse il Regno di Dio sulla Terra. Il tutto a partire dalla cappella di
San Michele: ecco perché, in tutti i paesi dov’è diffuso il Movimento di
Schoenstatt, sono costruite repliche esatte di quello che viene definito il
Santuario Originale.
Impegno per diventare un
“santo opportuno”
Le conferenze di padre
Kentenich proseguirono, improntate a un nuovo tema, sintetizzato in uno slogan:
«La nostra epoca ha bisogno di santi». I giovani sulle prime rimasero
sconcertati: l’ideale di santità cui erano abituati era quello di una persona
triste, penitente, dal volto scavato. Il padre spirituale si spiegò meglio, con
una nuova definizione, quella di “santo opportuno”, nella quale tutti si
riconobbero: l’uomo che, senza sforzi eccessivi, vive in grado eroico l’amore a
Dio attraverso le circostanze quotidiane. A quel punto, Josef prese una
decisione: «Voglio essere santo!»; non da solo, però, ma con l’aiuto di Karl,
suo amico fidato.
Ad aiutarlo in quel
cammino per vivere lo straordinario nell’ordinario fu, tra l’altro, la lettura
della biografia del giovane novizio gesuita Petar Barbarić (per il quale è in
corso il processo di beatificazione), che gli fornì numerosi spunti per
arricchire il Capitale di Grazie.
Un dettagliato piano di
battaglia
L’ 8 dicembre 1914 venne
fondata la Congregazione Mariana per le classi medie, o Congregazione Minore.
L’11 aprile 1915 Josef si unì ad essa, entrando nella “sezione eucaristica”,
che mirava maggiormente alla santificazione personale, mentre quella
“missionaria” era orientata all’apostolato. Pochi mesi dopo, nel corso degli
annuali Esercizi Spirituali svoltisi a dicembre, stilò un vero e proprio piano
di battaglia, in quattro punti:
- Voglio essere santo.
- Dio mio, fa’ che io
muoia prima che ti possa offendere con un peccato venale.
- “Volo omnibus omnia
[cfr. 1Cor 9,22], Mariae especialiter mancipatus” (Voglio farmi tutto a tutti,
interamente affidato a Maria).
- Voglio essere
coscenzioso fin nel più piccolo atto.
Allo stesso tempo,
decise di annotare nel suo diario come questo piano andava sviluppandosi giorno
per giorno.
La sua devozione mariana
Il ruolo della Vergine
Maria, intanto, assumeva sempre maggiore importanza in lui. Il ricordo del suo
atto di consacrazione a lei lo incoraggiava quando le contraddizioni della sua
vita lo gettavano nello sconforto. «Voglio e devo essere un grande uomo nel
vero senso della parola. Mia Madre non può rifiutarmelo, dato che mi sono
consacrato interamente a lei e mi ha posto in testa ai suoi prescelti. Il
Salvatore non può negarsi alle preghiere di sua Madre».
Il suo amore per lei si
espresse, nel maggio 1916, con la stesura della «Fioritura di maggio», un testo
dove paragonava il proprio cuore a un giardino dove coltivare rose (simbolo di
amore e devozione), nontiscordardime (fedeltà), violette (umiltà) e passiflore
(amore al sacrificio).
Ogni giorno, per sette
volte, andava nella Cappella a visitarla. Due settimane prima della fondazione
della Congregazione Minore, era stato regalato a padre Kentenich un quadretto,
che i compagni delle classi superiori avevano soprannominato «Mater Ter
Admirabilis», «Madre Tre Volte Ammirabile» (in sigla, MTA), sull’esempio di
alcuni studenti gesuiti di Ingolstadt, vissuti nel diciassettesimo secolo.
Successivamente, quell’immagine sarebbe diventata la Madonna “per eccellenza”
del Movimento di Schoenstatt.
Durante le vacanze
autunnali, trascorse in famiglia, Josef ipotizzò un nuovo sistema per
accrescere il Capitale di Grazie e tenere uniti i membri della Congregazione
Minore, di cui era stato nominato prefetto: tutti, lui incluso, avrebbero
dovuto mettere per iscritto un Orario Spirituale, ossia una regola di vita
quotidiana.
Soldato nella prima
guerra mondiale
Nel frattempo, il
conflitto mondiale proseguiva. Domenica 19 novembre 1916 Josef e diciassette
compagni dovettero lasciare Schoenstatt per acquartierarsi ad Hagenau,
nell’Elsass. Prima di andarsene, si riunirono nella Cappella, dove padre
Kentenich diede loro la sua benedizione.
Cominciò per Josef un
periodo difficile, a causa del trattamento da parte dei superiori e delle
numerose vessazioni da parte dei commilitoni, che lo accusarono perfino di
furto. Cercando di vincere la sua predisposizione alla collera, il giovane
offrì tutto per la MTA, perfino il fallimento dei suoi buoni propositi, cui
andava incontro durante la vita militare.
Un giorno, uno dei suoi
commilitoni, Kofel, tra i più anziani e padre di famiglia, venne incaricato di
partecipare a una pattuglia alle otto di sera. Josef notò che aveva accettato
con fatica, forse perché pensava alla sua famiglia. Così, quando venne il
momento, lo fermò: «Tranquillo, camerata, vado io per te». Grazie a una
licenza, nel mese di maggio tornò a Schoenstatt. Ripeté la pratica della
«Fioritura di maggio», annotando sul suo diario tutti i piccoli quotidiani
sacrifici che viveva.
Tornato in servizio,
cercò di formare dei gruppi per rianimare i congregati mariani, ma gli risultò
difficile: a differenza di lui, che aveva superato quella fase, vivevano
nell’aridità e nel rilassamento spirituale. A seguito di intense suppliche alla
Mater, vide i compagni riunirsi e incoraggiarsi a vicenda nel compiere i propri
propositi di bene.
Tra prove e buoni
propositi
Verso l’inizio di giugno
1917 il reggimento venne destinato al fronte orientale, ovvero nel territorio
occupato dalla Russia. Le reclute non riuscivano a vivere seriamente la loro
vita spirituale, anche Josef, il quale s’impegnò a rispettare il più possibile
l’Orario Spirituale, che aveva adattato alle circostanze belliche. Ideò anche
un gruppo di collegamento esterno, che faceva riferimento a Schoenstatt
mediante lettere e la rivista «MTA», di recente fondazione.
Ai primi del 1918 la
truppa si spostò sul fronte occidentale. Durante un viaggio in treno, alcuni
soldati invitarono Josef a unirsi a loro per una partita a carte: sulle prime
rifiutò, ma il giorno dopo cedette. Ben presto, però, ebbe dei rimorsi di
coscienza e riconobbe che il gioco gli aveva fatto dimenticare i suoi
propositi. S’impegnò a non giocare per un mese, ma cedette di nuovo: per penitenza,
si privò del già scarso rancio. Durante il mese di marzo si astenne nuovamente
dalle carte: da allora in poi, lo rimase per sempre.
Le privazioni
aumentavano, ma Josef, superata la crisi, era sicuro che servissero per il
Capitale di Grazie. Per non cedere al pessimismo si lanciò nel lavoro per il
gruppo di collegamento e colse ogni buona occasione per ricordare ai compagni,
ad esempio, di partecipare alla Messa.
L’offerta della vita
All’inizio del febbraio
1918, il reggimento si diresse alla frontiera di Verdun. Josef venne destinato
al gruppo specializzato nel fare breccia nelle posizioni nemiche più
pericolose, ma non aveva paura: come scrisse all’amico Karl, era disposto ad
accettare la morte per mano della Madre di Dio. Intanto, riprese il suo cammino
con fedeltà rinnovata e, per non lasciarsi prendere dall’ozio, ricominciò a
studiare il tedesco e a leggere buoni libri, che passava ai compagni.
Sul finire del mese di
aprile, il reggimento si spostò nelle Fiandre ed ebbe numerose perdite. Josef,
dopo aver trovato una cappellina semidistrutta, decise di utilizzarla per le
preghiere del mese di maggio insieme ai compagni, almeno finché non dovettero
andare al fronte. Nei momenti di maggior pericolo, cercava di sostituirsi a chi
era più stanco o anziano e aiutava a portar via i feriti.
Nel mezzo delle
esplosioni e della battaglia in trincea, il giovane rinnovò l’offerta della sua
vita: «Amata MTA, eccomi di nuovo come offerta. Ti offro tutto ciò che sono e
che possiedo, il mio corpo, la mia anima con tutta la sua capacità, tutti i
miei averi e i miei beni, la mia libertà e la mia volontà. Sono tuo, fa’ di me
ciò che vuoi. Se è tua volontà, concedimi di essere un’offerta per il lavoro
che hai affidato alla tua Congregazione. Pieno d’umiltà, il tuo indegno servo,
Josef Engling».
Ottenuta una nuova
licenza, trascorse dapprima due settimane dai genitori, dai quali si separò con
gran sofferenza. Il 25 luglio 1918, infine, giunse a Schoenstatt: posò lo zaino
e il fucile fuori dalla Cappella ed entrò per dialogare di nuovo col Signore e
con la Mater: successivamente, andò a salutare padre Kentenich. Nei cinque
giorni trascorsi a Schoenstatt aiutò gli allievi che tornavano dalle vacanze,
pregò intensamente e tranquillamente e riferì quanto gli era accaduto al padre
spirituale. Partì il 30 luglio, dopo aver rinnovato la sua oblazione nella
Cappella.
Ritorno al fronte
Il ritorno al fronte
avrebbe dovuto scoraggiarlo, ma si diede a un nuovo lavoro apostolico insieme
ai compagni: propose l’apostolato del buon esempio, un lavoro diretto per la
santificazione delle anime altrui, lotta all’immoralità, amore alla Chiesa e
meditazioni sul senso della guerra.
Nonostante tanti sforzi,
venne abbandonato da alcuni, mentre altri smisero di scrivergli per
comunicargli come andavano. Tuttavia, lui era consapevole che Dio non lo
abbandonava: nella sua ultima visita a Schoenstatt, aveva formulato un nuovo
proposito, ossia «Penserò sei volte al giorno che Dio è con me. Voglio pensare
costantemente che Dio Padre mi osserva con molto interesse. Voglio conversare
con Lui». Quando gli orrori della guerra l’assalivano, pregava: «Madre, aiutami
a continuare. Aiutami a superare il terrore». In una lettera, l’ultima, scritta
il 1° e 2 ottobre a padre Kentenich, gli comunicò di aver smesso di annoiarsi
della vita militare e di aver deciso di trarne il miglior profitto possibile.
La morte
Nella notte del 3
ottobre venne ordinata la marcia verso il fronte di Cambrai. Josef s’impegnò a
sollevare il morale della truppa, affamata e stanca. Verso la sera del 4 gli
venne comunicato che era stato designato per essere parte dell’avanguardia.
Nei pressi di Cambrai, i
soldati vennero attaccati dall’artiglieria inglese. Tra le sette e le dieci di
sera, mentre si dirigeva a parlare col capo della compagnia, Josef venne
colpito da una granata: cadde ferito a morte al capo e al petto. I commilitoni
diedero subito in ritirata, ma un soldato notò che il corpo del giovane non era
più al suo posto: forse era stato seppellito da soldati tedeschi o inglesi. Sul
luogo dove cadde, oggi si trova una croce di pietra, con un’iscrizione in
tedesco e in francese.
Padre Kentenich, che
negli anni successivi si diede alla fondazione vera e propria del Movimento
Apostolico di Schoenstatt (anche per lui è aperto il processo di
beatificazione), non dimenticò il suo giovane allievo, tanto da considerarlo
«l’Atto di Fondazione vissuto».
Il processo di
beatificazione
Il processo informativo
circa le virtù eroiche del Servo di Dio Josef Engling iniziò nella diocesi di
Treviri il 4 ottobre 1952 e a livello diocesano si concluse il 13 luglio 1964.
Il 7 ottobre 1964 la documentazione del Processo diocesano fu consegnata alla
Congregazione Vaticana responsabile per le beatificazioni. Per diversi motivi
il Decreto di validità del Processo diocesano è stato proclamato solo il 28
ottobre 1988. Prendendo in considerazione la continuazione della fama di
santità di Josef Engling, nel 2000 i Pallottini hanno deciso di riprendere la
Causa.
Un’inchiesta suppletiva,
voluta dalla Congregazione delle Cause dei Santi, aperta l’11 giugno 2005 nella
diocesi di Treviri e chiusa il 17 giugno 2008, ottenne il decreto di validità
il 2 aprile 2009. La preparazione della Positio sulla vita e sulle virtù del
Servo di Dio potè essere iniziata solo dopo il 16 aprile 2013, quando la
Congregazione delle Cause dei Santi ha deciso di trattare le cause di
beatificazione anche di quelli che avessero preso parte a una guerra,
considerando però ogni persona individualmente. Terminato il lavoro di
redazione, la Positio è stata consegnata alla Congregazione Vaticana delle
Cause dei Santi il 7 aprile 2016.
Preghiera per la
canonizzazione di Josef Engling
Stendi la tua mano,
Signore, e fa’ che si compiano miracoli e guarigioni mediante l’intercessione
del tuo fedele servo Josef Engling, affinché a tutto il mondo si manifesti la
tua immensa misericordia e il potere e la bontà della Madre della Chiesa,
Regina degli Apostoli e Madre Tre volte Ammirabile. Amen.
Amata Madre e Regina Tre
volte Ammirabile, Madre della Divina Grazia, tu ci hai regalato, nel tuo fedele
servo Josef Engling, un luminoso esempio di come dobbiamo sempre amarti e
cercare il regno del tuo Figlio. In continua fedeltà, fu continuamente tuo e
con fervore instancabile si è fatto tutto a tutti. Ti preghiamo affinché, per
la tua potente intercessione, venga presto incorporato al gruppo dei tuoi santi
confessori, affinché possa continuare a lavorare qui sulla terra per il tuo
onore e per il regno del tuo Figlio. Aiutaci a imitare il suo esempio di virtù
e a regalarci a te con amore pronto al sacrificio. Ti promettiamo di offrirti
volontariamente, Madre della Divina Grazia, tutto il nostro pregare, lavorare e
soffrire, affinché per tua intercessione discenda un copioso fiume di grazie
per la restaurazione religiosa e morale del mondo in Cristo. Amen.
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