S. GUGLIELMO DA VERCELLI
La
sua statua in San Pietro a Roma ha un lupo accovacciato ai piedi, in ricordo di
un prodigio che gli attribuisce la tradizione. Quando viveva da eremita sui
monti, l’asino che era il suo prezioso mezzo di trasporto fu sbranato da un
lupo, che poi Guglielmo prodigiosamente trasformò in mansueto animale da soma.
Di Guglielmo non conosciamo i genitori, probabilmente nobili. Lo incontriamo
quindicenne, già vestito da monaco e in viaggio come pellegrino. Cammina per
mesi e per anni. Va a San Giacomo di Compostella, poi a Roma, poi si avvia
verso la Puglia: vuole imbarcarsi per la Terrasanta. Ma lo dissuadono dapprima
un futuro santo, Giovanni da Matera, da lui incontrato a Ginosa (Taranto); e
poi alcuni rapinatori presso Oria (Brindisi) che lo picchiano selvaggiamente
perché delusi dalle sue tasche vuote. "Non è lì che ti vuole il
Signore", gli ha detto Giovanni. E lui, dopo indecisioni e prove, va
infine a stabilirsi sui 1.500 metri di Montevergine, nel gruppo appenninico del
Partenio, presso Avellino. Terra ancora di orsi e di lupi, dove vive da solo
per un anno.
Poi
arrivano altri uomini (e alcuni sacerdoti) attratti dalla vita eremitica, che
intorno a lui formano una comunità. Ma poi salgono anche i pellegrini, i
“fedeli”, a cui bisogna predicare e amministrare i sacramenti, nella chiesetta
consacrata nel 1124. Guglielmo ha adottato la Regola benedettina con marcata
accentuazione eremitica, ma quest’affluenza di gente rende necessaria anche
un’attività pastorale, una “cura d’anime”.
Nel
1128 egli affida la comunità al futuro beato Alberto e va a stabilirsi in
Lucania sul monte Cognato, dove presto nasce un monastero; e quando è ben
stabilito, ecco che Guglielmo riparte fermandosi a Goleto, ancora
nell’Avellinese. Qui per un anno gli serve da cella il cavo di un gigantesco
albero, e qui ancora nasce un monastero. “Doppio”, anzi; ossia con una comunità
maschile e una femminile, ognuna con propria sede e propria chiesa.
Il
Meridione d’Italia “adotta” affettuosamente questo piemontese. Altri monasteri
egli fa nascere in Irpinia e in Puglia: "moltissimi", dice la sua
prima biografia del XII secolo. Così si forma quella che sarà chiamata
Congregazione Benedettina di Montevergine, e che avrà vita plurisecolare. Nel
1879 si fonderà poi con la Congregazione Cassinese.
Guglielmo
muore nel monastero del Goleto, e nelle sue comunità s’incomincia subito a
venerarlo come santo. Alcuni vescovi autorizzano anche il culto pubblico, che
sarà poi esteso a tutta la Chiesa nel 1785. Il suo corpo verrà traslato nel
1807 dal Goleto a Montevergine, dove si trova tuttora. E lo stesso monastero,
per tutta la durata della seconda guerra mondiale, sarà il rifugio segreto e
sicuro della Santa Sindone di Torino.
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