SANTA MONICA
A
Monica si adatta alla perfezione, la definizione che Chiara Lubich fa di Maria
nei “Scritti spirituali” (Città Nuova ed.) chiamandola ‘sede della sapienza,
madre di casa’; perché Monica fu il tipo di donna che seppe appunto imitare
Maria in queste virtù, riuscendo ad instillare la sapienza nel cuore dei figli,
donando al mondo quel genio che fu Aurelio Agostino, vescovo e Dottore della
Chiesa.
Nacque
a Tagaste, antica città della Numidia, nel 331 in una famiglia di buone
condizioni economiche e profondamente cristiana; contrariamente al costume del
tempo, le fu permesso di studiare e lei ne approfittò per leggere la Sacra
Scrittura e meditarla.
Nel
pieno della giovinezza fu data in sposa a Patrizio, un modesto proprietario di
Tagaste, membro del Consiglio Municipale, non ancora cristiano, buono ed
affettuoso ma facile all’ira ed autoritario.
Per
il suo carattere, pur amando intensamente Monica, non le risparmiò asprezze e
infedeltà; tuttavia Monica riuscì a vincere, con la bontà e la mansuetudine,
sia il caratteraccio del marito, sia i pettegolezzi delle ancelle, sia la
suscettibilità della suocera.
A 22
anni le nacque il primogenito Agostino, in seguito nascerà un secondo figlio,
Navigio ed una figlia di cui s’ignora il nome, ma si sa che si sposò, poi
rimasta vedova divenne la badessa del monastero femminile di Ippona.
Le
notizie che riportiamo sono tratte dal grande libro, sempre attuale e ricercato
anche nei nostri tempi, le “Confessioni”, scritto dal figlio Agostino, che
divenne così anche il suo autorevole biografo. Da buona madre diede a tutti con
efficacia, una profonda educazione cristiana; dice s. Agostino che egli bevve
il nome di Gesù con il latte materno; il bambino appena nato fu iscritto fra i
catecumeni, anche se secondo l’usanza del tempo non fu battezzato, in attesa di
un’età più adulta; crebbe con l’insegnamento materno della religione cristiana,
i cui principi saranno impressi nel suo animo, anche quando era in preda
all’errore.
Monica
aveva tanto pregato per il marito affinché si ammansisse ed ebbe la
consolazione, un anno prima che morisse, di vederlo diventare catecumeno e poi
battezzato sul letto di morte nel 369.
Monica
aveva 39 anni e dové prendere in mano la direzione della casa e
l’amministrazione dei beni, ma la sua preoccupazione maggiore era il figlio
Agostino, che se da piccolo era stato un bravo ragazzo, da giovane correva in
modo sfrenato dietro i piaceri del mondo, mettendo in dubbio persino la fede
cristiana, così radicata in lui dall’infanzia; anzi egli aveva tentato, ma
senza successo, di convincere la madre ad abbandonare il cristianesimo per il
manicheismo, riuscendoci poi con il fratello Navigio.
Il
Manicheismo era una religione orientale fondata nel III secolo d.C. da Mani,
che fondeva elementi del cristianesimo e della religione di Zoroastro, suo
principio fondamentale era il dualismo, cioè l’opposizione continua di due
principi egualmente divini, uno buono e uno cattivo, che dominano il mondo e
anche l’animo dell’uomo.
Le
vicende della vita di Monica sono strettamente legate a quelle di Agostino,
così come le racconta lui stesso; lei rimasta a Tagaste continuò a seguire con
trepidazione e con le preghiere il figlio, trasferitosi a Cartagine per gli
studi, e che contemporaneamente si dava alla bella vita, convivendo poi con
un’ancella cartaginese, dalla quale nel 372, ebbe anche un figlio, Adeodato.
Dopo
aver tentato tutti i mezzi per riportarlo sulla buona strada, Monica per ultimo
gli proibì di ritornare nella sua casa. Pur amando profondamente sua madre,
Agostino non si sentì di cambiare vita, ed essendo terminati con successo gli
studi a Cartagine, decise di spostarsi con tutta la famiglia a Roma, capitale
dell’impero, di cui la Numidia era una provincia; anche Monica decise di
seguirlo, ma lui con uno stratagemma la lasciò a terra a Cartagine, mentre
s’imbarcavano per Roma.
Quella
notte Monica la passò in lagrime sulla tomba di s. Cipriano; pur essendo stata
ingannata, ella non si arrese ed eroicamente continuò la sua opera per la
conversione del figlio; nel 385 s’imbarcò anche lei e lo raggiunse a Milano,
dove nel frattempo Agostino, disgustato dall’agire contraddittorio dei manichei
di Roma, si era trasferito per ricoprire la cattedra di retorica.
Qui
Monica ebbe la consolazione di vederlo frequentare la scuola di s. Ambrogio,
vescovo di Milano e poi il prepararsi al battesimo con tutta la famiglia,
compreso il fratello Navigio e l’amico Alipio; dunque le sue preghiere erano
state esaudite; il vescovo di Tagaste le aveva detto: “È impossibile che un
figlio di tante lagrime vada perduto”.
Restò
al fianco del figlio consigliandolo nei suoi dubbi e infine, nella notte di
Pasqua del 387, poté vederlo battezzato insieme a tutti i familiari; ormai
cristiano convinto profondamente, Agostino non poteva rimanere nella situazione
coniugale esistente; secondo la legge romana, egli non poteva sposare la sua
ancella convivente, perché di ceto inferiore e alla fine con il consiglio di
Monica, ormai anziana e desiderosa di una sistemazione del figlio, si decise di
rimandare, con il suo consenso, l’ancella in Africa, mentre Agostino avrebbe
provveduto per lei e per il figlio Adeodato, rimasto con lui a Milano.
A
questo punto Monica pensava di poter trovare una sposa cristiana adatta al
ruolo, ma Agostino, con sua grande e gradita sorpresa, decise di non sposarsi
più, ma di ritornare anche lui in Africa per vivere una vita monastica, anzi
fondando un monastero.
Ci
fu un periodo di riflessione, fatto in un ritiro a Cassiciaco presso Milano,
con i suoi familiari ed amici, discutendo di filosofia e cose spirituali,
sempre presente Monica, la quale partecipava con sapienza ai discorsi, al punto
che il figlio volle trascrivere nei suoi scritti le parole sapienti della
madre, con gran meraviglia di tutti, perché alle donne non era permesso
interloquire.
Presa
la decisione, partirono insieme con il resto della famiglia, lasciando Milano e
diretti a Roma, poi ad Ostia Tiberina, dove affittarono un alloggio, in attesa
di una nave in partenza per l’Africa.
Nelle
sue ‘Confessioni,’ Agostino narra dei colloqui spirituali con sua madre, che si
svolgevano nella quiete della casa di Ostia, ricevendone conforto ed
edificazione; ormai più che madre ella era la sorgente del suo cristianesimo;
Monica però gli disse anche che non provava più attrattiva per questo mondo,
l’unica cosa che desiderava era che il figlio divenisse cristiano, ciò era
avvenuto, ma non solo, lo vedeva impegnato verso una vita addirittura di
consacrato al servizio di Dio, quindi poteva morire contenta.
Nel
giro di cinque-sei giorni, si mise a letto con la febbre, perdendo a volte
anche la conoscenza; ai figli costernati, disse di seppellire quel suo corpo
dove volevano, senza darsi pena, ma di ricordarsi di lei, dovunque si
trovassero, all’altare del Signore. Agostino con le lagrime agli occhi le dava
il suo affetto, ripetendo “Tu mi hai generato due volte”.
La
malattia (forse malaria) durò nove giorni e il 27 agosto del 387, Monica morì a
56 anni. Donna di grande intuizione e di straordinarie virtù naturali e
soprannaturali, si ammirano in lei una particolare forza d’animo, un’acuta
intelligenza, una grande sensibilità, raggiungendo nelle riunioni di Cassiciaco
l’apice della filosofia.
Rispettosa
e paziente con tutti, resisté solo al figlio tanto amato, che voleva condurla
al manicheismo; era spesso sostenuta da visioni, che con sicuro istinto, sapeva
distinguere quelle celesti da quelle di pura fantasia.
Il
suo corpo rimase per secoli, venerato nella chiesa di S. Aurea di Ostia, fino
al 9 aprile del 1430, quando le sue reliquie furono traslate a Roma nella
chiesa di S. Trifone, oggi di S. Agostino, poste in un artistico sarcofago,
scolpito da Isaia da Pisa, sempre nel sec. XV.
Santa
Monica, considerata modello e patrona delle madri cristiane, è molto venerata;
il suo nome è fra i più diffusi fra le donne. La sua festa si celebra il 27
agosto, il giorno prima di quella del suo grande figlio il vescovo di Ippona s.
Agostino, che per una singolare coincidenza, morì il 28 agosto 430.
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