SAN PIO X
Le
ragioni della profonda crisi della Fede e della Chiesa, che con costernazione
molti cattolici osservano e vivono oggi, sono quelle individuate con logica e
realismo da san Pio X, il grande Pontefice riformatore e restauratore che guidò
la Chiesa nel primo Novecento fino allo scoppio della prima Guerra mondiale. Il
centenario del suo dies natalis, 20 agosto 1914 – 20 agosto 2014, viene così a
cadere in un tempo in cui l’obiettivo del suo Magistero, Instaurare omnia in
Christo, diventa di sorprendente attualità: come allora Papa Sarto, di fronte
agli assalti secolarizzanti del liberalismo e del modernismo, vide come unico
rimedio la necessità di ricapitolare ogni cosa in Cristo, così oggi le parole
di San Paolo diventano insegnamento di urgente attuazione per difendere la
Chiesa da quei mali fotografati, esaminati e analizzati nell’enciclica Pascendi
Dominici Gregis che San Pio X scrisse nel 1907 e che resta, nel Magistero
petrino, uno dei documenti più importanti e più celebri di tutti i tempi.
San
Pio X avviò un piano santamente ambizioso e di riforma generale poiché non solo
le forze nemiche, liberali e massoniche, minacciavano la Chiesa, e i semi
avvelenati del liberalismo e del modernismo (termine presente per la prima
volta nella Pascendi) avevano ormai attecchito con successo in alcuni ambienti
“cattolici”, sia nel clero, sia fra i laici; ma si era andato formando, in
particolare sotto il Pontificato di Leone XIII, un clima di stanchezza e di
apatia nei Seminari, nelle parrocchie e persino nelle celebrazioni delle Santa
Messe, dove erano entrati addirittura canti profani, bande musicali, arie di
opere liriche… fra le azioni di Papa Sarto ci fu anche la Riforma della musica
sacra: avvalendosi della consulenza di un eccellente esperto e compositore come
Lorenzo Perosi (1872-1956), diede al canto gregoriano la preminenza assoluta
nella Liturgia.
Il
Modernismo, definito nella Pascendi, «sintesi di tutte le eresie», tentava di
coniugare Vangelo e positivismo, Chiesa e mondo, filosofia moderna e teologia
cattolica; esso aveva visto i suoi albori in Francia, dove si era consumata la
Rivoluzione che aveva abolito il diritto divino, incoronando la «dea ragione».
Il motto «liberté, egalité, fraternité», che aveva prodotto il testo giuridico
della Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen (26 agosto 1789),
divenne, lungo i decenni, il lite motive di molti pensatori cristiani che
decisero di inchinarsi al mondo, senza più condannare gli errori e senza più
preservare l’integrità della dottrina della Fede. Fu proprio contro questa
mentalità che San Pio X decise di combattere al fine di tutelare gli interessi
di Dio e della Sposa di Cristo.
Profonda
Fede, amore immenso per la Chiesa, grande umiltà e grande sensibilità. Uomo
dalle poche parole e dai molti fatti, era sempre teso a compiere la volontà di
Dio, anche quando, chiamato ad alte mansioni, sentiva tutto il peso gravoso
delle responsabilità; ma una volta accolto l’impegno, la sua preoccupazione era
quella di rispettare e far rispettare leggi e principi divini, senza
distrazioni verso il rispetto umano e il consenso delle opinioni del mondo. Non
cercò mai i riflettori, ma soltanto la difesa dei diritti del Creatore e la
salvezza delle anime.
Dal
campanile di Riese, dove nacque il 2 giugno 1935, passò a quelli di Salzano e
di Treviso per poi arrivare a quello di San Marco a Venezia e approdare a
quello di San Pietro a Roma, tuttavia rimase sempre identico a se stesso:
libero da ogni passione terrena, continuò a voler vivere in povertà, come
lasciò scritto nel suo Testamento: «Nato povero, vissuto povero e sicuro di
morir poverissimo». Povertà per sé, ma non per Dio: non lesinava mai corredi e
paramenti nella Sacra Liturgia.
San
Pio X si caratterizza per la sua formazione tomista, per il suo sano e disincantato
realismo, per la sua tangibile pastoralità (vicina ai reali e non demagogici
problemi), per il suo attaccamento alla Fede e non all’ideologia, per il suo
tenere le distanze dalla politica; ma proprio per questo suo atteggiamento di
pastore-missionario fu sempre stimato e rispettato in vita. Questo Pontefice,
seppure con discrezione ed umiltà, come era di sua natura, è diventato
interprete determinato e determinate della Chiesa militante e continua, senza
rumore, ma nel proficuo e fertile silenzio di Dio, a fare scuola.
Diede
vita ad un’immensa opera di restaurazione con l’obiettivo di Instaurare omnia
in Christo, come ebbe a scrivere nella sua enciclica programmatica E Supremi
Apostolatus del 4 ottobre 1903:
«Le
ragioni di Dio sono le ragioni Nostre; è stabilito che ad esse saranno votate
tutte le Nostre forze e la vita stessa. Perciò se qualcuno chiederà quale motto
sia l’espressione della Nostra volontà, risponderemo che esso sarà sempre uno
solo: “Rinnovare tutte le cose in Cristo».
Agì
su due fronti: da un lato riformò e dall’altro condannò.
Riformare
per restaurare. Dirà lo spagnolo Cardinale Rafael Merry del Val, non solo
Segretario di Stato di San Pio X, ma suo braccio destro, suo confidente, suo
amico d’anima:
«La
riforma della curia romana, la fondazione dell’istituto Biblico, l’erezione dei
seminari centrali e la legislazione per una migliore formazione del clero, la
nuova disciplina per la prima – per la frequente – comunione, la restaurazione
della musica sacra, il suo poderoso atteggiamento contro i fatali errori del
cosiddetto modernismo e la sua energica difesa della libertà della Chiesa in
Francia, in Germania, in Portogallo, in Russia e altrove – per non parlare di
molti atri atti di governo – basterebbero indubbiamente per additare Pio X come
un grande pontefice e un eccezionale condottiero di uomini. Posso attestare che
tutto questo enorme lavoro fu dovuto principalmente, e spesso elusivamente, al
suo progetto e alla sua iniziativa personale. La storia non si limiterà a
proclamarlo semplicemente un papa la cui “bontà” nessuno sarebbe capace di
mettere in questione».
Quel
suo passato da cappellano a Tombolo (1858-1867); da parroco a Salzano
(1867-1875); da canonico, da Direttore di Seminario, da cancelliere, da Vicario
capitolare a Treviso (1875-1884); da Vescovo di Mantova (1884-1893); da
Cardinale e Patriarca di Venezia (1893-1903), fu basilare per il gigantesco
piano riformatore che mise in moto durante il suo Pontificato, che durò 11
anni, dal 1903 al 1914.
Quando
Giuseppe Sarto divenne sacerdote (18 settembre 1858), si dedicò subito e con
particolare attenzione all’istruzione catechistica, considerando l’ignoranza
religiosa il primo grave problema che un ministro di Dio deve affrontare.
«Frequentare la Messa», diceva, «e ignorare le verità della fede sono cose che
si elidono a vicenda, perché non è possibile accettare verità che non si
conoscono». Diede così vita al Catechismo Maggiore (1905) e al Catechismo della
dottrina cristiana (1912), maggiormente divulgato.
Diede
anche avvio alla formulazione di un Codice di Diritto canonico, il Codex iuris
canonici, mai esistito nella Chiesa. Era un’esigenza viva e sentita da Vescovi
e canonisti. E finalmente volle dare rimedio al caos delle norme, alla poca
chiarezza di molte di esse, alla contraddittorietà delle une e delle altre che
andavano spesso a elidersi a vicenda e alla difficoltà del reperimento di fonti
certe, tanto che molte erano persino sconosciute a chi avrebbe dovuto
servirsene.
Il
Codex, dove sono presenti spirito di Fede, intransigenza sui principi e
profonda pietà, è risultato essere un grande strumento di utilità pastorale,
sovvenendo così alle nuove ed inedite necessità organizzative e funzionali che
si sono presentate alla Chiesa del XX secolo e, allo stesso tempo, si inserisce
a pieno titolo nel programma di restaurazione cattolica che caratterizza il
Pontificato di San Pio X.
L’Eucaristia
fu un asse portante della dottrina pastorale di Giuseppe Sarto. Già Patriarca
egli raccomandava vivamente la Santa Messa quotidiana. Il decreto Sacra
Tridentina Synodus (1905) verte sulla comunione frequente, mentre il decreto
Quam singulari (1910) sull’anticipazione «all’età dell’uso della ragione» (7
anni) della prima comunione. Atti molto innovativi, che mettevano al centro
della vita di ogni fedele, come della stessa Chiesa, Gesù Eucaristico. La
ragione per cui volle anticipare la prima comunione era per rispondere
all’esigenza di preservare il più possibile l’innocenza nei bambini,
quell’innocenza che oggi la civiltà laica e senza Cristo fa di tutto per
violare ed infrangere.
Né
si può tralasciare la sua ampia azione di denuncia contro le leggi
anticristiane della Francia. Ricordiamo, in particolare, la Lettera
all’episcopato francese Notre charge apostolique (1910), contro la concezione
secolarizzata della democrazia.
Uomo
di profonda e riflessiva intelligenza, non aveva difficoltà alcuna a parlare
con tutti, ad ascoltare tutti, ad avere un atteggiamento di carità concreta (i
suoi agiografi ne hanno registrato l’immensa portata, oltre che descrivere
grazie e miracoli ottenuti per sua intercessione e ancora in vita) e
intellettuale con ogni individuo: traboccante di umiltà, non fu mai né altero,
né superbo, neppure quando venne avviato il piano repressivo nei confronti dei
modernisti; il suo cuore rimase sempre generosamente evangelico, seppure
fieramente dalla parte di Cristo. Spirito né settario, né fanatico, egli fu
realmente cattolico e la sua intransigenza in materia di Fede non si trasformò
mai in zelo amaro. Rimase sempre padre misericordioso e curato d’anime.
Sapienza
e fecondità sono presenti nelle sue sedici encicliche, documenti sentiti,
partecipati, vissuti e supportati da una Fede adamantina che esige di essere
applicata. In esse si coglie la gioia della Buona Novella dell’uomo di Dio che
dai tetti annuncia la rivelazione del Salvatore a tutte le genti e trasmette un
unico insegnamento, quello di Gesù Cristo, a dispetto di chi vorrebbe
silenziarlo, oppure profanarlo, oppure cambiarne il significato a proprio
piacimento.
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