SERVO DI DIO PADRE SALVATORE VICO
Salvatore
Vico nacque a La Maddalena, nell’omonima isola della Sardegna, il 12 agosto
1896. Era il quinto dei sei figli di Giovanni Maria Vico, postino, e di
Giacomina Luccioni. La sua nascita contribuì a lenire il dolore dei genitori,
che avevano perso i primi due figli, gemelli, poco dopo il loro Battesimo.
Lui,
invece, fu battezzato a quattro giorni dalla nascita da suo zio, don Antonio
Vico, parroco dell’isola. L’ambiente familiare favorì la vocazione di una
sorella, Maria Maddalena, che si consacrò tra le Figlie della Carità di san
Vincenzo De’ Paoli, ma anche quella di Salvatore, il quale entrò nel 1907 nel
Seminario Tridentino di Sassari.
Mentre
cresceva nel fisico, il ragazzo ebbe anche alcuni problemi di salute. Li
affrontò coraggiosamente, spinto da un ideale che aveva preso a conquistarlo:
le missioni. La lettura della biografia di padre Théophane Vénard, martire in
Cina, che era stato beatificato nel 1909 (fu poi canonizzato nel 1988),
consolidò in lui quella passione, tanto che nel 1913, senza dire nulla ai
genitori, lasciò Sassari di nascosto per dirigersi a Torino ed entrare tra i
Preti della Missione, ossia i padri Vincenziani, che reggevano anche il
Seminario da lui frequentato. I superiori, tuttavia, lo rimandarono indietro,
suggerendogli di completare gli studi prima di essere ammesso, ma gli
accordarono l’affiliazione alla loro congregazione.
Durante
la prima guerra mondiale, nel 1916, venne chiamato a prestare servizio militare
a Oristano. In quel periodo, che fu di pochi mesi per via delle sue condizioni
di salute, Salvatore strinse amicizia con padre Luigi Maria Carta, dei Frati
Minori Conventuali, presso il quale si ritirava appena possibile.
Rientrato
a Sassari, proseguì la formazione al sacerdozio, alimentata dall’adesione ad
alcuni organismi che consolidavano la sua spiritualità: la Guardia d’Onore al
Sacro Cuore di Gesù, la Milizia Angelica, l’associazione del Pio Transito di
San Giuseppe. Si consacrò anche alla Madonna tramite la formula di san Luigi
Maria Grignion de Montfort.
Un
primo snodo nel suo cammino avvenne nel 1918, quando monsignor Giovanni Maria
Sanna, vescovo della diocesi di Tempio Pausania (oggi Tempio-Ampurias), gli
affidò l’incarico di vice-rettore, economo e professore del nuovo Seminario
minore diocesano, trasferito a Tempio dopo la chiusura della sede di
Castelsardo. Salvatore aveva appena conseguito il baccalaureato, ma non si
poteva fare altrimenti, perché molti sacerdoti erano sotto le armi. Di
conseguenza, fu ordinato sacerdote nel Sabato Santo 1919, il 19 aprile, nella
Cattedrale di Tempio, dedicata a san Pietro apostolo; aveva appena 22 anni e
mezzo.
Durante
il suo mandato, gli si presentò un caso doloroso: quattro piccoli orfani non
riuscivano a trovare nessuna sistemazione. Incoraggiato da padre Giovanni
Battista Manzella, Vincenziano e fondatore delle Suore del Getsemani (anche per
lui è in corso la causa di beatificazione), provvide lui stesso a ospitarli.
Due ragazze si offrirono volontarie per occuparsi dei bambini: ben presto si
meritarono il soprannome di “mammine”. Con l’aiuto spontaneo del popolo, in
alcuni poveri locali, venne quindi inaugurato un orfanotrofio intitolato a san
Francesco.
Nel
1922 padre Salvatore (lo chiameremo così, per seguire l’uso del Sud Italia, anche
se era sacerdote diocesano) vinse il concorso per il posto di parroco della
Cattedrale di Tempio Pausania, ma i canonici ritenevano di dover essere loro a
scegliere il nuovo parroco. Lui resistette, accettando il peso della
responsabilità e mettendosi sotto la protezione dell’allora Beata Teresa di
Gesù Bambino.
Insieme
alle numerose incombenze parrocchiali, a causa delle quali lasciò l’incarico in
Seminario, fu anche direttore del Centro dell’Apostolato della Preghiera e
Assistente ecclesiastico dell'Associazione Magistrale Insegnanti Cattolici
“Giovanni Maria Dettori”. In particolare si occupò dell’Azione Cattolica, che
fu tramite per una nuova svolta della sua vita.
La
presidente dell’Azione Cattolica di Telti, Ernestina Benelli, lo incontrò
infatti al termine di una “Settimana sociale” e l’invitò a recarsi nella
località di Aratena, perché preparasse un centinaio di pastori a ricevere la
Comunione pasquale. All’epoca, infatti, il nord della Sardegna era popolato da
uomini e donne istruiti poco o scarsamente, impegnati tutto il giorno nella
cura delle greggi, residenti nei cosiddetti “stazzi”, ovvero piccoli
insediamenti rurali con aziende agricole annesse.
L’11
maggio 1923, dunque, padre Salvatore si dispose a confessare i pastori, seduto
sotto una quercia: fino a mezzanotte gli uomini, poi le donne; a seguire, la
Messa. Fu proprio in quel punto, durante quella notte, che avvertì l’impulso a
operare per il bene spirituale di quella gente, anzi, degli oltre ventimila
pastori sparsi nelle zone della Gallura e dell’Anglona. Non da solo, però, ma
con l’aiuto di persone preparate, capaci di anticipare ed assistere la sua
azione.
Ne
parlò subito alle “mammine” dell’orfanotrofio, nel frattempo diventate cinque,
che accettarono. Iniziò dunque a stendere le prime Costituzioni della “Pia
Associazione delle Figlie di Gesù Crocifisso”. Non dello stesso parere delle
sue giovani furono alcuni suoi confratelli sacerdoti, che nutrivano non pochi
dubbi.
Padre
Salvatore, quindi, chiese consiglio a monsignor Sanna, intanto trasferito a
Gravina di Puglia, poi si recò a pregare la Madonna nel santuario di Pompei. Le
obiezioni che aveva sentito l’avevano condotto a ripensare al suo antico sogno
di partire per la Cina, ma sfumarono del tutto quando un anziano sacerdote, con
cui si consigliò proprio a Pompei, gli ordinò: «Ritorni a Tempio, il Signore lo
vuole lì, per dare compimento ai suoi disegni divini». A quel punto, si dedicò
interamente a concretizzare quell’intuizione.
La
data di fondazione delle Missionarie Figlie di Gesù Crocifisso, questo il nome
definitivo, fu l’8 dicembre 1925, ma le prime cinque suore fecero la vestizione
religiosa nella notte di Natale immediatamente seguente, ottenuta
l’approvazione dal nuovo vescovo, monsignor Albino Morera. Tra di loro c’era Pietrina
Brigaglia, in religione suor Maddalena, che divenne la prima Madre generale.
L’impegno
per la nuova fondazione e per l’apostolato tra i pastori spinse padre Salvatore
a scrivere al vescovo per chiedere l’esonero dal ruolo di parroco. Nel 1931
lasciò dunque la Cattedrale, chiedendo perdono ai suoi parrocchiani se non
aveva saputo essere loro d’esempio. Tuttavia, fu parroco ancora per un anno a
Nuchis, la cui parrocchia contava appena 500 fedeli, poi si dedicò
completamente a quella che era ormai la sua vera missione: la Cina tanto
sognata era la sua Gallura, come ebbe a dichiarare in seguito.
Negli
anni seguenti istituì nuove opere di assistenza in appoggio alle parrocchie:
nel 1932 un ospizio per anziani abbandonati, seguito da asili, scuole
d’infanzia e istituti per portatori di handicap. Le Missionarie di Gesù
Crocifisso, intanto, crescevano di numero e ricevevano i consigli del loro
fondatore, personalmente o per lettera, sempre colmi di speranza e
d’incoraggiamento. Dal 2 febbraio 1941 la Congregazione divenne di diritto
diocesano, mentre l’approvazione pontificia avvenne il 28 novembre 1957.
Nello
stesso periodo, anche a causa delle mutate condizioni economiche, il lavoro dei
pastori diventava sempre meno richiesto. A quel punto, padre Salvatore comprese
che era tempo di rendere davvero missionarie le sue religiose. La prima
partenza fu nel 1966 alla volta del Brasile, precisamente negli stati del
Maranhão e del Pará. Dieci anni dopo ci fu lo sbarco nel continente africano,
nell’attuale Repubblica Democratica del Congo, cui si è aggiunta, negli anni
2000, la missione in Gabon.
Quasi
a suggello della propria opera, padre Salvatore volle la costruzione di un
santuario dedicato a Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote, come centro di preghiera
per «chiedere con insistenza al Signore non soltanto la santità dei sacerdoti
attualmente viventi nella Chiesa, ma la moltiplicazione dei sacerdoti secondo
le esigenze della Chiesa e delle anime», come si espresse lui stesso. Ultima
iniziativa in assoluto fu l’edificazione di una chiesa ad Aratena, proprio dove
tutto era cominciato.
Negli
ultimi anni, padre Salvatore si distaccò gradualmente dalle sue fondazioni,
perché potessero camminare autonomamente: andò a vivere separatamente dalla
Casa madre, tanto da dover uscire per recarsi nel Santuario. Eppure continuava
a raccomandare alle suore: «Siate anime gioiose! Vorrei scriverlo anche sui
muri, Viva la gioia, frutto dell’amore. Dite a Gesù: “Io sento, Signore, la
gioia di appartenerti”».
Nello
studio di casa sua continuava il suo ministero, specialmente nell’ascolto e nel
consiglio, oltre che nella celebrazione dei Sacramenti. Ripeteva spesso:
«Appena il Signore mi chiamerà, risponderò: “Sono pronto!”». Quel momento venne
il 10 novembre 1991, dopo che padre Salvatore aveva celebrato la sua ultima
Messa. Aveva 95 anni compiuti. I suoi resti mortali sono stati collocati subito
dopo i funerali nella cripta del Santuario di Gesù Sommo ed Eterno Sacerdote,
nella tomba che lui stesso aveva preparato per sé. Nella stessa cappella è
sepolta anche madre Maddalena Brigaglia.
A
fronte della sua perdurante fama positiva, il vescovo di Tempio-Ampurias,
monsignor Sebastiano Sanguinetti, ha deciso di iniziare le fasi preliminari
all’apertura della sua causa di beatificazione. Nel marzo 2013, a seguito di
una prima esplorazione sulla sua vita, è stato trasmesso il supplice libello
alla Congregazione vaticana per le Cause dei Santi, che ha concesso il nulla
osta l’8 maggio 2015.
Il
16 gennaio 2016, nella cattedrale di Tempio Pausania, monsignor Sanguinetti ha
presieduto la sessione inaugurale della fase diocesana del processo sulle virtù
e la fama di santità del Servo di Dio Salvatore Vico.
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