SANTA GIOVANNA DI CHANTAL
Nella
storia della Chiesa troviamo alcuni casi in cui uomo e donna hanno agito
insieme nel cammino della santità, ricordiamo così Francesco e Chiara, Elzeario
di Sabran e Delfina di Glandève, Teresa d’Avila e Giovanni della Croce,
Benedetto e Scolastica, Luigi e Zelia Martin (genitori di santa Teresina di
Lisieux), Giulia e Carlo Tancredi di Barolo, i coniugi Beltrame. Altra “coppia”
sorprendente fu quella composta da san Francesco di Sales e Giovanna Francesca
Frémyot de Chantal. Fu infatti grazie all’incontro con il vescovo di Ginevra
che Giovanna definì il suo percorso di santità.
I
francesi la chiamano sainte Chantal e la venerano ad Annecy, dove riposa
accanto a san Francesco di Sales.
Nasce
a Digione il 23 gennaio 1572 in una famiglia dell’alta nobiltà borgognona. Suo
padre è Benigno Frémyot, secondo presidente del Parlamento. Rimasta ben presto
orfana di madre, crescerà sotto l’educazione e la morale paterne.
Il
29 dicembre 1592 Giovanna sposa Cristoforo II, barone di Chantal. Il loro è un
matrimonio felice. Viene da subito chiamata «la dama perfetta» per quel suo
prodigarsi nella tenuta di Bourbilly e per le attenzioni e premure che riserva
al consorte. Da questa unione perfetta nascono sei figli: i primi due muoiono
alla nascita, poi arrivano Celso Benigno, Maria Amata, Francesca e Carlotta.
Dolce,
serena, affabile, Giovanna è amata dai suoi familiari, come dalla servitù.
Quando Cristoforo si assenta dal castello per adempiere ai suoi impegni di corte, Giovanna lascia gli
abiti eleganti e si dedica ai poveri, ai quali non offre solo denaro, ma la
propria persona, servendoli. La sua carità si fa immensa durante la carestia
che colpisce la Borgogna nell’inverno 1600-1601. È qui che la baronessa, senza
ascoltare i borbottii di molti e incoraggiata dal consorte, trasforma il
maniero in un vero e proprio ospedale per ospitare madri e bambini in
difficoltà e si occupa della costruzione di un nuovo forno per poter
distribuire il pane a tutti coloro che bussano alla sua porta. Un giorno le
viene detto che nel granaio non è rimasto che un solo sacco di segala… e lei,
senza esitazioni, ordina di proseguire la distribuzione del pane, come prima…
la segala finirà al nuovo raccolto.
Ma
ecco giungere la prima grande prova, la morte di Cristoforo, ucciso da un colpo
di archibugio durante una battuta di caccia.
Resta
vedova a soli 29 anni, vedova e madre di quattro creature di cui la prima ha
solo cinque anni e l’ultima pochi giorni. Matura, in questo tempo di lutto e di
dolore, il desiderio di consacrarsi a Cristo, ma i doveri familiari non le
permettono una scelta di vita così drastica. In attesa di conoscere la volontà
di Dio, Giovanna si dedica totalmente ai figli, all’amministrazione della casa e alla preghiera.
Il
suocero, barone di Chantal, la informa che deve subito trasferirsi da lui, a
Monthélon se desidera che i figli prendano parte all’eredità e lei accetta, pur
sapendo che nella residenza dell’anziano barone comanda una «servapadrona». Per
lungo tempo dovrà sopportare le angherie di quest’ultima.
Il
suo nome inizia a rendersi noto per la sua carità. Non è più chiamata «dama
perfetta», ma la «nostra buona signora».
Un’altra
difficile prova deve ora affrontare: la sua guida spirituale non comprende la
sua persona, non sa leggere la sua anima. Un giorno suo padre la invita a
Digione, questa volta per ascoltare il quaresimale del vescovo di
Ginevra, Francesco di Sales, la cui fama si diffonde sempre più in Savoia e in
tutta la Francia. Il primo incontro fra Giovanna e il vescovo avviene il 5
marzo del 1604. Da allora si instaura un camino di unione fraterna e spirituale
straordinario. La direzione spirituale di Francesco di Sales si realizza
soprattutto attraverso l’epistolario, dove l’umano è «divinizzato» e il divino
«umanizzato».
In
una lettera inviata al vescovo ginevrino Giovanna scrive: «… tutto quello che
di creato c’è quaggiù non è niente per me se paragonato al mio carissimo Padre…
Un giorno mi comandaste di distaccarmi e di spogliarmi di tutto. Oh Dio, quanto
è facile lasciare quello che è attorno a noi, ma lasciare la propria pelle, la
propria carne, le proprie ossa e penetrare nell’intimo delle midolla, che è, mi
sembra, quello che abbiamo fatto è una cosa grande, difficile e impossibile se
non alla grazia di Dio».
Nel
1610 firma di fronte al notaio un atto con il quale si spoglia di tutti i beni
in favore dei figli. Lascia dunque la famiglia e parte per Annecy e il 6 giugno, insieme a due
compagne, Giacomina Favre e Giovanna Carlotta de Bréchard entra nella piccola
ed umile «casa della Galleria», culla dell’Ordine della Visitazione.
Rimarrà
sempre “madre”, continuando ad amare profondamente e teneramente i suoi figli.
Nuove morti, nuovi lutti… tanto che soltanto la figlia Francesca le
sopravviverà tra figli, fratelli, generi e nuora. Perciò Dio diventa per lei
l’unica ricerca, l’unico fine della sua attuale vita. Alla scomparsa di
Francesco di Sales (28 dicembre 1622), Giovanna si trova sola alla guida della
nuova famiglia religiosa della Visitazione. Si fa pellegrina sulle strade di
Francia, fondando ben 87 case visitandine. Consumata «nell’amore di opera e
nell’opera di amore», come usava dire, si spegne il 13 dicembre 1641 nel
monastero di Moulins.
Le
«Lettere di amicizia e direzione» (tradotte per la prima volta in italiano, a
cura dei monasteri della Visitazione d’Italia) sono la testimonianza più viva
della grande spiritualità di Madre Chantal ed è la prova che fosse persona
troppo intelligente e “libera” per ridursi ad un’ombra anonima di san Francesco
di Sales.
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