VENERABILE LUISA MARGHERITA CLARET DE LA TOUCHE
Nacque
a Saint-Germain-en-Laye il 15 marzo 1868, secondogenita di una distinta
famiglia borghese, e fu battezzata coi nomi di Marguerite-Céline. Da bambina si
divertiva a fare scherzi a sua sorella, alla madre e alla suora che si prendeva
cura di suo nonno. A undici anni, circa tre settimane dopo la Prima Comunione,
fece voto di verginità perpetua, ma era quasi ignara di cosa comportasse nel
concreto.
Crescendo,
le venne da imitare sua sorella e le loro cugine, che trascorrevano ore intere
a parlare del loro “ideale”, cioè di qualche ragazzo incontrato durante serate
da ballo o in altre occasioni. Le sembrò di aver trovato il suo, ma si rese
conto che non pensava continuamente a lui, come facevano le altre.
Si
diede quindi ad altri passatempi, come le letture di romanzi e riviste che,
però, non le lasciavano una grande impressione. Spesso, inoltre, smetteva gli
abiti femminili per travestirsi da ragazzo, specie quando trascorreva le
vacanze in campagna. Nelle profondità del suo animo, invece, avvertiva un senso
di vuoto, riconoscendo che nulla le dava una soddisfazione piena e appagante.
Ormai
diciottenne, partecipava ai ricevimenti cui era invitata con la famiglia,
mentre la madre iniziava a pensare a trovarle un fidanzato. Sembrava che
dovesse essere il signor Leone, un giovane ufficiale che aveva preso a
frequentare casa sua. Era amore vero quello che provava per lui, ma, come lei
scrisse in seguito, aveva preso «l’ombra per la realtà», preferendo qualcosa di
passeggero all’infinito che l’attirava.
Una
sera, recitando la preghiera alla Madonna scritta da san Bernardo, il
“Memorare”, le tornò alla mente il voto di verginità. Era così innamorata da
arrivare a pensare di chiedere al vescovo la dispensa, perfino dietro pagamento
in denaro. La volontà di Dio, più che i fatti della vita, dispose in maniera
diversa: Marguerite venne a sapere che Leone aveva un’amante. Non molto tempo
dopo, le capitò tra le mani la prima biografia di san Luigi Gonzaga, scritta da
padre Cepari: fu allora che comprese cosa significasse davvero offrire la
propria verginità corporea.
Una
volta riconosciuto che doveva orientarsi alla consacrazione religiosa, le
restava di capire dove e come viverla. Dopo numerose lotte coi suoi familiari,
fu invitata ad attendere due anni per concretizzare quel proposito. Il periodo
di tempo ancora trascorso con loro le fu utile per riflettere e pregare, pur
soffrendo non poco, e cercare qualcuno che le spiegasse meglio in cosa
consistesse la nuova via che intendeva prendere.
Si
consigliò quindi con don Raymond, parroco di Saint-Jean de Valence, cui riferì
che, a causa della sua salute per nulla robusta, aveva pensato alle Orsoline o
alla Visitazione di Santa Maria. Il sacerdote le rispose che proprio quest’ultimo
Ordine faceva al caso suo e che lui stesso si sarebbe occupato di scegliere il
convento per lei. Il 6 febbraio 1890, accompagnata dal cognato, Marguerite fece
quindi conoscenza del convento della Visitazione di Romans, dove entrò il 20
novembre successivo.
Gli
inizi furono davvero penosi: tra malattie quasi mortali, l’indifferenza delle
superiore e l’estromissione dalle ore di catechesi obbligatorie per le novizie,
finì col sentirsi un’estranea. Con la vestizione, il 7 ottobre 1891, aggiunse
il nome di Luisa a quello che già portava dal battesimo; compì la professione
religiosa il 17 ottobre 1892. Nei primi mesi che seguirono, suor Luisa
Margherita cominciò a sentire ancora più vicino a sé il Signore «immobile e
silenzioso, nascosto da un leggero velo». Le sue parole si fecero sentire
sempre più chiaramente, fino ad arrivare, nel 1902, alla rivelazione del
compito specifico che lei doveva svolgere nella Chiesa.
Il 6
giugno, festa del Sacro Cuore, era stanca e quasi depressa, ma decise di
pregare lo stesso davanti al Santissimo Sacramento. Mentre chiedeva di poter
avere qualche anima da formare per il noviziato del convento, si sentì
rispondere da Gesù: «Ti darò delle anime di uomini». Non comprendendo il senso
di quell’affermazione, rimase in un silenzio carico di sorpresa, che si sciolse
quando sentì: «Ti darò delle anime di sacerdoti». Alla sua richiesta di sapere
come avrebbe potuto accadere, la voce divina rispose: «Tu sei colei che
s’immolerà per il mio clero». Durante tutta l’Ottava del Sacro Cuore, la monaca
annotò quello che le veniva rivelato circa il sacerdote e il suo compito
fondamentale: avere il cuore ardente d’amore, anzi, come lei lo definiva dal
1895, dell’Amore Infinito, così da poterlo seminare in tanti altri cuori.
Questa
missione sembrava stroncata sul nascere quando anche le Visitandine furono
colpite dalle leggi del governo francese che abolivano le congregazioni dedite
all’insegnamento; per sostentarsi, infatti, si erano aperte all’educazione e
all’istruzione delle ragazze di ceto sociale elevato. Alla comunità di Romans
venne prospettato l’esilio o il ritorno in famiglia, ma suor Luisa Margherita
si oppose vivamente alla seconda opzione, non senza contrasti con la superiora.
Nel
1906, insieme alle altre monache, fece tappa a Revigliasco, dove fu eletta
nuova superiora, poi a Mazzè e a Parella, nella diocesi di Ivrea. Lì nuovi
problemi la costrinsero a cercare un’ulteriore sistemazione: colse quindi
l’opportunità, alla fine del suo mandato, per presentare al Papa san Pio X il
progetto di una casa della Visitazione che si dedicasse specificamente alla
preghiera per i sacerdoti. L’approdo finale fu a Vische Canavese, dove la nuova
fondazione fu inaugurata il 19 marzo 1914.
Nel
corso delle sue peregrinazioni, madre Luisa Margherita fece confluire le
ispirazioni ricevute dall’alto in alcuni testi. Nel 1904 intraprese la stesura
dell’autobiografia per ordine del suo direttore spirituale, padre Alfred
Charrier. A lui affidò anche alcuni suoi appunti, perché desse loro forma
organica e li controllasse dal punto di vista teologico e dottrinale: fu poi
lei stessa a organizzarli nel libro che fu intitolato «Il Sacro Cuore e il
Sacerdozio», edito per la prima volta nel maggio 1910. Tenne anche un «Diario
intimo», dato alle stampe solo nel 1988. Iniziò poi a comporre un piccolo
trattato, «Il libro dell’Amore Infinito», ma non arrivò a terminarlo. Il 14
maggio 1915, ormai stremata dalla nefrite e da complicazioni cardiache,
concluse la sua esistenza terrena, mormorando: «Arrivano… guardate… Gesù».
La
sua eredità venne raccolta anzitutto dalle consorelle, che vennero riconosciute
come Istituto Diocesano della Visitazione del Sacro Cuore, chiamato, dal 1918,
Betania del Sacro Cuore (è di diritto pontificio dal 22 agosto 1958). Il nome
rispecchia il proposito di essere per i sacerdoti un luogo di riposo e
sostegno, esattamente come la casa di Marta, Maria e Lazzaro era per Gesù.
Alle
suore di Betania si affianca l’Alleanza Sacerdotale, strumento cui i sacerdoti
possono associarsi per impegnarsi a predicare l’Amore Infinito e la
misericordia divina. Seguono poi gli Amici e Amiche di Betania del Sacro Cuore,
laici che si assumono il compito di pregare per i preti e per la loro
fondamentale missione, e le Missionarie dell’Amore Infinito, un Istituto
Secolare. Sono questi i quattro rami dell’Opera dell’Amore Infinito, come è
oggi denominata, diffusa in tutto il mondo, con numeri variabili a seconda dei
continenti.
L’accuratezza
con cui la Chiesa cerca di capire se un suo figlio sia davvero degno di essere
preso ad esempio almeno a livello locale ha portato all’apertura del suo
processo di beatificazione, svolto nella diocesi di Ivrea dal 1934 al 1953. I
suoi scritti sono stati approvati dalla Congregazione vaticana per le Cause dei
Santi il 1° dicembre 1973. La fase diocesana è stata convalidata con decreto
del 22 novembre 1991, mentre la “Positio super virtutibus” è stata trasmessa a
Roma nel 1993.
In
seguito al parere favorevole dei consultori teologi, giunto il 27 maggio 2005,
confermato dalla riunione dei cardinali e vescovi membri della Congregazione,
il 21 marzo 2006, è stato promulgato il 26 giugno 2006 il decreto che ha
attribuito a madre Luisa Margherita il titolo di Venerabile.
I
suoi resti mortali riposano nel Santuario del Sacro Cuore a Vische Canavese,
adiacente al convento delle Suore di Betania del Sacro Cuore.
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