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Visualizzazione dei post da ottobre, 2017

SAN GIUSEPPE BENEDETTO COTTOLENGO

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La gente lo chiama “il canonico buono” e tale è senz’altro, almeno per l’arcinota locuzione secondo cui la “vox populi” è facilmente identificabile con la “vox Dei”. Il che, tuttavia, non significa che “buono” equivalga a “convertito”, essendo la conversione una questione di cuore, che riguarda squisitamente il rapporto della creatura con il suo Creatore ed alla quale, il più delle volte, si arriva percorrendo la strada dei poveri: così è successo per madre Teresa di Calcutta, altrettanto per il canonico Giuseppe Benedetto Cottolengo, che della misericordia incarnata con la fantasia della carità è icona quantomai eloquente. Basterebbe, per provarlo, considerare il fatto che una delle due “porte sante” della diocesi torinese, nell’Anno Santo della Misericordia, è stata aperta proprio nel grandioso complesso della carità che dal suo fondatore prende nome, anche se alla parola Cottolengo si collega più facilmente la struttura, l’edificio, la realtà caritativa, che non la persona. A

MADRE MARIA ELEONORA GIORGI

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Undicesima Madre Generale, dal 1928 al 1940, della ormai secolare Congregazione delle Suore “Serve di Maria SS. Addolorata di Firenze”.. Maria Angela Giorgi nacque il 16 gennaio 1882 nella frazione Coniale Scheggianico nel Comune di Firenzuola (FI), seconda dei dodici figli di Gaspare Giorgi contadino e Maria Montefiori ‘donna forte, di animo risoluto e riflessivo’; crebbe nel clima povero ma sereno e cristiano della numerosa famiglia, nella casa colonica detta “Bruscaia”. Ma le necessità erano tante, per cui a 15 anni Angela fu mandata a servire a Firenze, come già capitato a tante ragazze del paese. Piena di nostalgia per i suoi monti, dove era vissuta serena e aveva ricevuto la Prima Comunione e Cresima, arrivò a Firenze nel 1897 accompagnata dal padre, dopo una giornata di viaggio su una traballante diligenza. Giunti al palazzo vicino al Santuario fiorentino dell’Annunziata, le aprì la porta l’aristocratica e garbata signora Eleonora Zimmermann, alla quale il padre Gas

IGNAZIO DI LOYOLA

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Il primo scritto che racconta la vita, la vocazione e la missione di s. Ignazio, è stato redatto proprio da lui, in Italia è conosciuto come “Autobiografia”, ed egli racconta la sua chiamata e la sua missione, presentandosi in terza persona, per lo più designato con il nome di “pellegrino”; apparentemente è la descrizione di lunghi viaggi o di esperienze curiose e aneddotiche, ma in realtà è la descrizione di un pellegrinaggio spirituale ed interiore. Il grande protagonista della Riforma cattolica nel XVI secolo, nacque ad Azpeitia un paese basco, nell’estate del 1491, il suo nome era Iñigo Lopez de Loyola, settimo ed ultimo figlio maschio di Beltran Ibañez de Oñaz e di Marina Sanchez de Licona, genitori appartenenti al casato dei Loyola, uno dei più potenti della provincia di Guipúzcoa, che possedevano una fortezza padronale con vasti campi, prati e ferriere. Iñigo perse la madre subito dopo la nascita, ed era destinato alla carriera sacerdotale secondo il modo di pensare dell

FRA GIUSEPPE MICHELE GHEZZI

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A Lecce, nella nobile casa dei Conti Ghezzi, Michele nacque il 19 agosto 1872, quarto di sette fratelli. Il padre Pasquale, avvocato, era Duca di Carpignano, la madre, Carmela Carrozzini, era Baronessa di Soleto, entrambi molto pii. Michelino, come era familiarmente chiamato, d’animo sensibilissimo, aveva anche l’esempio di due prozii missionari e della nonna che aprì le porte di casa ai gesuiti colpiti dalle leggi anticlericali. Bambino vivace, impulsivo, a volte anche prepotente, ricevette una prima istruzione in casa, come era consuetudine nelle famiglie agiate. Si iscrisse poi, da esterno, al Collegio Argento dei Gesuiti ma a sedici anni, per gravi problemi di salute, fu costretto a ritirarsi. Le lunghe cure, inevitabilmente, lo portarono ad isolarsi e lui trovò il conforto nella preghiera. Profondamente religioso, come passatempo costruiva presepi. Quando si rese necessaria una delicata operazione chirurgica, la madre decise che prima si sarebbero rivolti alla Madonna di Pomp

CARDINALE LUCIDO MARIA PAROCCHI

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Era un bambino dolce e buono, provato troppo presto dal dolore per la morte precoce del papà. La sua mamma e i suoi fratelli maggiori riuscirono a rasserenarlo e a avviarlo alla vita con fede profonda nell’amore di Dio, con piena fiducia e abbandono in Lui.Si chiamava Lucido Parocchi ed era nato a Mantova da illustre famiglia il 13 agosto 1833. A 11 anni, entra nel Seminario di Mantova, accolto con tenerezza di padre dal rettore Mons. Martini, che lo guida al sacerdozio, proponendogli come modello S. Francesco di Sales, mite e umile di cuore come Gesù. Una perla di prete Ginnasio e liceo con intelligenza e impegno. È buono, assai pio, dedito allo studio, di singolare candore. È innamorato di Gesù che nel suo passaggio sulla terra ha rivelato le profondità e le dolcezze inenarrabili del suo Cuore, che a S. Margherita M. Alocque, nella seconda metà del ‘600, ha chiesto amore e riparazione. È esemplare nel suo stile di vita. Gli studi teologici li perfeziona alla “Gregori

BEATO SEBASTIANO VALFRÈ

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Il Beato Valfrè nacque a Verduno, diocesi di Alba, il 9 marzo del 1629, da umile famiglia: quando il Duca Vittorio Amedeo II nel 1689 lo volle Arcivescovo di Torino per le straordinarie qualità dimostrate in oltre trent’anni di fecondo ministero, la modestia dei suoi parenti, fatti venire appositamente dal Valfrè nella Capitale, gli servì per sfuggire l’altissimo onore. Compiuti con successo, ma tra stenti e disagi, i suoi studi ad Alba, a Bra, e a Torino, dove fece l’amanuense per mantenersi, entrò nel 1651 nella Congregazione dell’Oratorio. Questa era stata fondata due anni prima da P. Pier Antonio Defera, sollecitato dal Nunzio in Piemonte Alessandro Crescenzi, devotissimo di S. Filippo Neri ed intenzionato a promuoverne il culto e le opere. P. Defera, con il sacerdote Ottavio Cambiani, figura modesta per doti naturali, ma di intensa vita spirituale, aveva iniziato l’Oratorio nello stile di semplicità evangelica che una cronaca manoscritta 18 descrive in questi termini: “Il ca

BEATO PAOLO VI

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Quando fu eletto papa, il cardinale Giovanni Battista Montini, ebbe a dire profeticamente: “Forse il Signore mi ha chiamato a questo servizio non già perché io vi abbia qualche attitudine, ma perché io soffra qualche cosa per la Chiesa”. La sua acuta intelligenza gli fece intuire realisticamente, sin dal primo momento, il lato più pesante di una missione densa di incognite e di tribolazioni, che cadeva improvvisamente sulle sue spalle e che avrebbe messo a dura prova il suo carattere ed anche il suo fisico. La famiglia, la gracile salute, il carattere Il futuro papa, Giovan Battista Montini nacque a Concesio (Brescia) il 26 settembre 1897 e alla nascita era talmente gracile e debole, che i medici che assistettero al parto, sentenziarono: “Durerà soltanto fino a domani”. I genitori Giorgio Montini e Giuditta Alghisi, possedevano la villa di campagna a Concesio, dove avvenne il parto e dove trascorrevano l’estate, secondo l’usanza delle famiglie borghesi e benestanti di Brescia