SERVO DI DIO TERESIO OLIVELLI
Da
buon idealista è convinto di poter “plasmare” dall’interno l’ideologia
fascista, rinnovandola con lo spirito del Vangelo; gli sono sufficienti due
viaggi ufficiali nella Germania hitleriana per essere progressivamente trasformato,
da critico e diffidente, in ferreo oppositore del regime, pagando anche di
persona questa sua scelta di coscienza.
Teresio
Olivelli nasce il 7 gennaio 1916 a Bellagio (Como) e dopo il ginnasio a Mortara
(PV) e il liceo a Vigevano, si iscrive alla facoltà di giurisprudenza
dell'Università di Pavia, come alunno del collegio Ghislieri. Gli splendidi
voti che contrappuntano il suo percorso scolastico testimoniano l’intelligenza
e la serietà di questo ragazzo, che gioca la sua partita di cristiano su più
fronti. Nell’Azione Cattolica e nella San Vincenzo, ad esempio, dove in
particolar modo si modella in lui lo stile del “farsi tutto a tutti” che finirà
per contraddistinguere tutta la sua vita. Laureato in giurisprudenza nel 1938,
dall’anno successivo diventa assistente della cattedra di Diritto
amministrativo all’Università di Torino. Nel 1939 vince anche i Littoriali di
Trieste, una gara di abilità oratoria e di preparazione culturale, in cui
discute una tesi sulla pari dignità della persona umana, a prescindere dalla
razza. Scrive articoli giuridici e sociali su temi dell’epoca, nel giornale
universitario “Libro e Moschetto” e sulla rivista “Civiltà Fascista”; è
nominato Littore e segretario dell’Istituto di Cultura Fascista e membro e
primo segretario all’Ufficio Studi e Legislazione presso Palazzo Littorio.
Tutto questo fervore di attività culturale e politica non riesce a spegnere il
suo impegno caritativo e di condivisione: durante il suo soggiorno torinese, ad
esempio, lo vedono impegnato a fianco della gioventù sbandata e accanto ai
poveri del Cottolengo.
Nel
febbraio 1941 si arruola volontario e in seguito parte per la Russia: ufficiale
degli alpini, ma con uno stile tutto suo di cameratismo e di servizio, che lo
porta durante la disastrosa ritirata a rallentare la sua marcia per soccorrere
i feriti e gli assiderati, anche a rischio della sua stessa vita. Sua
specialità è l’assistenza spirituale ai moribondi e, come già sulle rive del
Don commentava il vangelo ai soldati, così ora, nella steppa, consola ed
assiste nei momenti estremi i soldati che il freddo e la malattia decimano
sotto la tormenta di neve. Il suo rientro fortunoso in Italia segna la rottura
definitiva con l’ideologia fascista, di cui ha conosciuto le aberrazioni e le
conseguenze nefaste: abbandona ogni forma di collaborazione, anche culturale,
con il regime e il 9 settembre 1943 è fatto prigioniero dai tedeschi. Rinchiuso
prima a Innsbruck e poi in altri campi, il 20 ottobre riesce ad evadere e
ritornare in Italia, dopo una lunga fuga solitaria. Collabora alla costituzione
delle "Fiamme Verdi", formazioni partigiane di impronta cattolica e
nel febbraio del 1944 fonda il giornale “Il ribelle”, elaborando programmi di
ricostruzione della società dopo la tragedia del fascismo e della guerra.
Il
27 aprile del 1944, Teresio Olivelli è arrestato a Milano. A San Vittore
comincia il calvario delle torture, che continuano nel campo di Fossoli. L'11
luglio 1944 il suo nome viene inserito in una lista di 70 prigionieri da
fucilare, ma riesce a sottrarvisi, nascondendosi nel campo. Nuovamente
catturato, è quindi trasferito nel campo di Gries (Bolzano): sulla sua casacca
ora, oltre al triangolo rosso dei "politici", c'è anche il disco
rosso cerchiato di bianco dei prigionieri che hanno tentato la fuga e che
devono subire un trattamento particolare. È
trasferito a Flossenbürg, in Baviera e infine a Hersbruck, dove si
prende cura dei compagni, tentando di alleggerirne le sofferenze, di curarne le
ferite, di aiutarli a sopravvivere privandosi delle proprie scarse razioni
alimentari. Svolge un invidiabile ruolo di “supplenza sacerdotale”, al punto
che molti sopravvissuti hanno riconosciuto di aver avuto salva la vita
unicamente grazie al conforto e al sostegno da lui ricevuti. Ormai deperito e
reso l’ombra di se stesso, nei giorni di Natale assiste sul letto di morte
Odoardo Focherini (oggi beato) e muore alcuni giorni dopo, il 17 gennaio 1945,
in seguito alle percosse ricevute da un kapò, mentre cerca di fare scudo con il
proprio corpo ad un giovane prigioniero ucraino brutalmente pestato. Il suo
corpo è bruciato nel forno crematorio di Hersbruck, ma la Chiesa di Vigevano ne
ha promosso la causa di beatificazione, già conclusasi a livello diocesano nel
1989. Papa Francesco l'ha dichiarato Venerabile il 14 dicembre 2015.
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