BEATI CRISTOFORO, ANTONIO E GIOVANNI ADOLESCENTI, PROTOMARTIRI DEL MESSICO
Il 6 maggio 1990 papa
Giovanni Paolo II ha proclamati beati i tre adolescenti Cristoforo, Antonio e
Giovanni, martiri per la fede cristiana, considerati dagli storici della Chiesa
messicana i protomartiri non solo del Messico ma dell'intero Continente
Americano; primizie dell'evangelizzazione del Nuovo Mondo.
I missionari
Francescani arrivarono in Messico a Tenochtitlàn nel 1524, quindi tre-quattro
anni prima della loro morte, dividendosi poi in quattro regioni, Mexico,
Texcoco, Huetzingo e Tlaxcala.
In quest'ultima
località, che nel 1526 divenne la prima diocesi, si svolse la breve vicenda
terrena dei tre ragazzi; le cause dell'avversione ai missionari delle
popolazioni indigene, fu che queste erano molto attaccate alle loro tradizioni;
nel contempo i missionari basavano l'evangelizzazione sul concetto che la
salvezza era un bene assoluto da conseguire, soprattutto eliminando gli idoli
pagani.
Bisogna dire che al
tempo della conquista spagnola nel 1519 con Cortés, esisteva nel Messico la
religione azteca, il cui culto si esplicava con un gran numero di crudeli
sacrifici umani e la vita religiosa era dominata dalla casta dei sacerdoti
idolatri.
Questo crudele aspetto
della religione pagana, favorì il diffondersi della nuova religione cristiana o
per convinzione o per forza perché arrivata con i conquistatori spagnoli; ma i
sacerdoti ed i pagani fedelissimi, naturalmente avversavano i missionari.
I Francescani e poi i
Domenicani, lavorarono per la promozione degli Indios e per difenderli da
questi sanguinari riti, furono drastici nell'evangelizzazione e presero a
distruggere templi e idoli; oggi certamente ciò non sarebbe approvato, ma
bisogna ragionare con il pensiero ed i fini di allora.
Tutto questo portò ad
una reazione di buona parte degli Indios, che si sfogò anche sui tre catechisti
locali, Cristoforo, Antonio e Giovanni, dei quali naturalmente si sa ben poco
della loro vita prima del martirio; essi educati alla scuola francescana di
Tlaxcala, furono uccisi in tempi e luoghi diversi dai loro conterranei, perché
riprovavano l'idolatria, la poligamia e le orge pagane a cui si abbandonavano.
Si danno di seguito
alcune notizie conosciute su ognuno di essi.
Il primo di essi fu
Cristoforo, chiamato anche col diminutivo 'Cristobalito', nacque ad Atlihuetzia
(Tlaxcala) tra il 1514 e il 1515 ed era il figlio prediletto ed erede del
principale cacicco Acxotecatl; ben presto seguì l'esempio degli altri tre
fratelli, che nel 1524 avevano preso a frequentare la scuola aperta dai
missionari francescani.
Si fece istruire nelle
fede cristiana e chiese spontaneamente il Battesimo, ebbe il nome di
Cristoforo, i testi non riportano il nome di nascita, certamente lungo e per
noi difficile a pronunziare; diventò in breve tempo un apostolo del Vangelo tra
i suoi familiari e conoscenti.
Anzi si propose di
convertire il padre e prese ad esortarlo a cambiare le sue riprovevoli
abitudini, soprattutto l'ubriachezza; il padre non gli diede importanza e
allora Cristoforo prese a rompere gli idoli presenti in casa; fu ammonito e
perdonato dal padre più volte, il quale visto il ripetersi del fatto, prese la
decisione di ucciderlo.
La sua fede pagana era
superiore all'affetto di genitore, quindi con un tranello fece tornare a casa i
figli dalla scuola francescana, mentre i fratelli entravano in casa, Cristoforo
fu afferrato per i capelli dal padre che lo buttò a terra, dandogli calci e
bastonandolo fino a rompergli le braccia e le gambe; visto che Cristoforo pur
nel dolore continuava a pregare, lo gettò su un rogo acceso.
Pochi giorni dopo fu
uccisa anche la madre, che aveva invano tentato di difendere il figlio; la
descrizione del martirio del giovane Cristoforo, fa venire alla mente i
supplizi di tanti giovani, santi martiri al tempo dei primi cristiani
nell'impero romano, uccisi proprio dai loro padri, funzionari potenti
dell'imperatore.
Lo snaturato padre
seppellì di nascosto il figlio in una stanza della casa; un testo dice che fu
poi condannato a morte per i suoi delitti, probabilmente dagli spagnoli. Il
fatto avvenne nel 1527 e Cristoforo aveva 13 anni.
Uno dei francescani
Andrea da Cordoba, un anno dopo, conosciuto il luogo della sepoltura, lo esumò
e fece trasportare il corpo incorrotto del giovane martire nel convento di
Tlaxcala.
Molto tempo dopo un
altro frate, Toribio da Benevento, che compose anche il racconto del martirio,
lo seppellì nella chiesa di Santa Maria a Tlaxcala.
Antonio e Giovanni
nacquero tra il 1516 e il 1517
a Tizatlán (Tlaxcala), Antonio era nipote ed erede del
cacicco locale, mentre Giovanni di umile condizione, era il suo servitore e
ambedue frequentavano la scuola dei Francescani.
Nel 1529 i missionari
Domenicani decisero di fondare una missione ad Oaxaca, pertanto passando loro
per Tlaxcala il domenicano Bernardino Minaya, chiese a fra Martin di Valencia
francescano e direttore della scuola, di indicargli alcuni ragazzi che
volontariamente potessero accompagnarli come interpreti presso gli Indios.
Riuniti i ragazzi
della scuola, fra Martin formulò la richiesta del domenicano, avvisando
comunque che si trattava di un compito con pericolo di morte; subito si fecero
avanti i tredicenni Antonio e Giovanni e un altro nobile ragazzo di nome Diego
(che non morì martire).
Il gruppo arrivò a Tepeaca,
Puebla e i ragazzi aiutarono i missionari a raccogliere gli idoli, poi solo
Antonio e Giovanni si spostarono a Cuauhtinchán, Puebla e continuarono la
raccolta; Antonio entrava nella casa e Giovanni restava alla porta; in una di
queste azioni gli Indios inferociti e armati di bastoni, si avvicinarono e
colpirono Giovanni talmente forte che morì sul colpo.
Antonio accorso in suo
aiuto si rivolse agli aggressori: “Perché battete il mio compagno che non ha
nessuna colpa? Sono io che raccolgo gli idoli, perché sono diabolici e non
divini”. Gli indigeni lo percossero con i bastoni finché morì.
I corpi di Antonio e
Giovanni furono poi gettati in una scarpata vicino a Tecalco; il domenicano
padre Bernardino li ricuperò e li trasferì a Tepeaca dove vennero sepolti in
una cappella.
Il sangue dei tre
ragazzi messicani, fu il primo seme della grandissima fioritura del
cattolicesimo nel loro Paese; l'opera dei missionari si allargò ad aprire
scuole, stamparono i primi testi catechistici in lingua locale, condivisero la
vita e la povertà degli Indios, lavorando per la loro promozione umana e
difendendoli dai soprusi degli “encomenderos”.
Il 7 gennaio 1982, la Congregazione dei
Santi diede il nulla osta per l'introduzione della causa per la loro
beatificazione e il 3 marzo 1990 fu riconosciuta la validità del martirio; come
detto all'inizio, papa Giovanni Paolo II li ha proclamati beati il 6 maggio
1990 nella Basilica di Nostra Signora di Guadalupe a Città del Messico, insieme
a Juan Diego, il Messaggero della Madonna di Guadalupe, loro contemporaneo.
La celebrazione
liturgica dei tre adolescenti è al 23 settembre
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