BEATO ANGELO D’ACRI
Era
il 19 ottobre 1669 quando ad Acri, in provincia di Cosenza, nasceva Lucantonio
Falcone. Poveri i suoi genitori, ma ricchi di virtù cristiane.
Singolare,
anzi forse unica, nella storia dei religiosi, fu la sua vocazione. A diciotto
anni chiese ed ottenne di farsi frate cappuccino, ma oppresso da dubbi e
incertezze per due volte lasciò il noviziato, depose l’abito religioso e
ritornò a casa dove pensava di costruirsi una vita al pari degli altri.
Pur
circondato dall’affetto della tenerissima madre, il suo cuore restava inquieto,
perché i disegni di Dio su di lui erano diversi. Rientrò in convento per la
terza volta: misticamente moriva Lucantonio Falcone e nasceva frate Angelo
d’Acri. A passi da gigante percorse tutte le tappe di vita religiosa che lo
portarono al Sacerdozio, il 10 Aprile del 1700, nell’antica Cattedrale di
Cassano allo Jonio.
Sulle
sue spalle montanare subito caddero pesanti responsabilità e delicati incarichi
che assolse con impegno e successo: fu Superiore Provinciale dei Cappuccini e
per il suo modo di governo venne chiamato «Angelo della pace».
Il
suo principale servizio alla Chiesa e all’Ordine Cappuccino, tuttavia,
consistette nella predicazione sistematica, per quarant’anni. Era divenuto il
missionario più ricercato ed ascoltato dell’Italia meridionale, tanto che si
diceva che, quando predicava, «nelle case non ci restavanu mancu li gatti».
La
vita di padre Angelo d’Acri è stata una rappresentazione vivente di Gesù, non
tanto esteriore, ma interiore. Le testimonianze giurate ricordano che recitava
a memoria la Sacra Scrittura e che ne faceva sempre uso nell’evangelizzazione
del popolo.
Il
30 ottobre 1739, fisicamente sfinito dalle fatiche apostoliche, se ne volava al
Cielo. Il 18 dicembre 1825, papa Leone XII proclamò Beato il Cappuccino di
Acri. Il suo corpo, ricomposto, divenne oggetto di quotidiana venerazione nella
Basilica a lui dedicata.
Per
la sua canonizzazione è stato riconosciuto un ulteriore miracolo: la guarigione
di un giovane acrense, Salvatore Palumbo, rimasto vittima di un incidente nel
marzo 2010, mentre guidava un quad. Condotto all’ospedale dell’Annunziata a
Cosenza, versò presto in gravi condizioni: aveva perso il controllo del mezzo e
si era scontrato con un palo della linea telefonica.
I
parenti di Salvatore, allora, chiesero ai Cappuccini di Acri una reliquia del
Beato Angelo: il cordone del suo saio fu posto accanto ai macchinari che
tenevano in vita il giovane, che il giorno dopo ridiede segnali di ripresa e fu
solo bisognoso di riabilitazione.
Il
processo diocesano sul miracolo si svolse nel 2014 e fu convalidato il 20 marzo
2015. Il 23 marzo 2017, ricevendo in udienza il Prefetto della Congregazione
delle Cause dei Santi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del
decreto con cui la guarigione di Salvatore poteva essere dichiarata
inspiegabile, completa, duratura e ottenuta tramite l’intercessione di padre
Angelo d’Acri. La sua canonizzazione, nel Concistoro del 20 aprile 2016, è
stata fissata a domenica 15 ottobre 2017.
Commenti
Posta un commento