SANTA GELTRUDE COMENSOLI
Di
famiglia povera, molto religiosa e credente in conformità alla Storia Sacra
predicata dal parroco nell’insegnamento della Dottrina Cristiana, Caterina, di
intelligenza vivace e di animo pronto, vive in casa i misteri cristiani della
fede. Inoltre è assidua e vivace nella catechesi e nell’oratorio parrocchiale.
In questa atmosfera di fede salda e convinta, resta colpita dal racconto della
Presenza di Gesù nell’Eucaristia, approfondisce questo mistero con l’aiuto di
validi confessori, tanto da desiderare fortemente di fondare un Istituto che
abbia come primo intendimento quello di adorare questo insondabile mistero.
Nel
1867 si consacra nella Compagnia di Sant’Angela Merici, riattivata a Brescia
l’anno precedente dalle sorelle Maddalena ed Elisabetta Girelli e approvata dal
vescovo Girolamo Verzeri, fratello di santa Teresa Verzeri.
Caterina
diventa maestra del gruppo di novizie della Compagnia di Bienno.
Ammalatosi
il padre nel 1869, per portare aiuto alla famiglia è disposta a lasciare
Bienno. La superiora di Brescia, Maddalena Girelli, la indirizza a Chiari (BS)
in qualità di domestica, nella rinomata e numerosa famiglia di don Giovanni
Battista Rota, che ha ben 3 sorelle appartenenti alla Compagnia di St’Angela.
Nel
1874 la mamma la prega di recarsi a Milano dai conti Vitali Fè residenti a
Milano nel Palazzo di Corso Venezia 36, la contessa Ippolita Fè è cognata dei
nobili Simoni di Bienno, nei ruoli di dama di compagnia e di cura dei due
figlioletti maschi: Bartolomeo (n. 1871) e Giulio (n. 1874). Essendo il conte
Vitali Gian Battista un ricco terriero possiede campi e casa anche nel
bergamasco, in particolare la Villa di Capriate San Gervasio dove con la
famiglia e i domestici era solito trascorre i mesi estivi, sottraendosi alla
calura di Milano. Il viaggio non era difficile perché il Naviglio e l’Adda
erano navigabili e vie di commercio.
Caterina
si occupa di Bartolomeo fino all’età scolare, compie poi gli studi in collegio,
Giulio muore a pochi mesi; segue la contessa Ippolita nei suoi movimenti e nei
suoi viaggi: Milano, Brescia, Bergamo, San Gervasio d’Adda e in diverse
località termali. Rimane a servizio tra Milano e San Gervasio per 8 anni.
Fattasi
ormai donna saggia, ricca di capacità umane e di sensibilità interiori, portata
a una spiritualità profonda e a una crescente attenzione alle necessità
educative delle “giovinette”, ai poveri e ai malati, matura sempre più in lei
l’ideale di fondare un Istituto dedito all’Adorazione e all’Educazione dei
piccoli e dei giovani, che si concretizza con l’incontro a Bergamo del
sacerdote don Francesco Spinelli. Nel secolo XIX è necessario un sacerdote
Superiore a garanzia del buon funzionamento di un Istituto femminile. Dal 1879
al 1882 il progetto che delinea con don Francesco, si precisa e, dopo essere
stato sottoposto al vescovo di Bergamo mons. Gaetano Camillo Guindani,
l’Istituto si fonda il 15 dicembre 1882. In città e in diocesi l’iniziativa è
ben accolta, perché è l’unica sul territorio bergamasco con lo scopo primario
dell’Adorazione perpetua. La Casa Madre è in Bergamo, ma altre case si aprono,
vivente la Fondatrice, in Lombardia e nel Veneto.
Un
crollo finanziario porta alla separazione dei due Fondatori e quindi alla
divisione in due Istituti. Il 19 gennaio 1889 Santa Geltrude scrive: “Il giorno
è questo della terribile catastrofe… Mio Gesù di qui a qualche minuto saranno
[qui], vengono a metterci tutto sotto sigillo… Sostenetemi nella dura prova,
aiutatemi… Gli uomini sigillano le nostre cose. Voi sigillate il mio cuore, nel
dolcissimo ed amabile vostro Cuore, non mi togliete più… tenetemi sempre Voi,
mio diletto Gesù, Fiat voluntas tua. Amen”. “…il mio povero Istituto se a Voi
piace lo sosterrete”. “Voi solo potete sollevarmi, Voi solo aiutarmi. Io sol
confido in Voi. Dio solo!”. (Gli Scritti, p. 57, 59; Brescia 1981).
Il
sinistro evento sembra portare tutto alla rovina, ma Santa Geltrude, dopo un
fugace smarrimento, lo considera una prova richiesta dal Signore e reagisce con
forte fede e tenacia, fiduciosa nella Divina Provvidenza, sebbene debba
rifugiarsi a Lodi con le suore che le restano vicino nel dolore, nella pazienza
e nella speranza della ricostruzione. Tuttavia si sottopone totalmente alla
Volontà di Dio “Fate quello che piace a Voi mio Dio, purché restate glorificato
eleggo di soffrire qualunque pena. La vostra volontà, non la mia, non cerco me,
no, [cerco] la pura gloria del mio Dio;… Amen Fiat”. (Gli Scritti, p. 58,
Brescia 1981)
Rinasce
l’Istituto rigoglioso e vivo come un tenero albero, che ha trovato le sue radici
nel terreno ubertoso della preghiera, della sofferenza, della fede e
dell’umiltà; rinasce grazie all’energia e all’equilibrio di Santa Geltrude,
delle suore che hanno collaborato con tutte le forze e con tutto l’amore di cui
erano capaci per la realizzazione di un sogno che ormai era diventato comune;
rinasce grazie al concreto e premuroso sostegno del vescovo di Lodi mons.
Giovanni Battista Rota, di Chiari, nella cui famiglia la Comensoli era stata
domestica per 5 anni; rinasce grazie al vescovo di Bergamo mons. G.C. Guindani,
che nel 1889 raccomanda con premura le Suore Sacramentine a mons. Rota, il
quale viene alla determinazione di riconoscere, con decreto 8 settembre 1891,
l’Istituto delle Suore Sacramentine di Bergamo, canonicamente eretto in Lodi
con Casa Madre temporanea in Lavagna di Comazzo.
La
finalità dell’Istituto è duplice: “Adorare Gesù in Sacramento e Attendere ad
opere di carità verso il prossimo a seconda delle disposizioni della Divina
Provvidenza, avendo di mira specialmente l’educar la gioventù”.
Nel
1892 la Comensoli riconquista, sia pur in affitto, la prima casa di Bergamo e
ritorna, dopo due anni, con le suore all’amata Casa Madre, culla della
Congregazione alla quale dà un impulso decisivo e vitale.
Santa
Geltrude lascia aperte 16 case prima della sua morte e l’Istituto con 179
suore; assistono: le operaie nei convitti, nelle filande, nelle tessiture e
altri laboratori, le orfane, le ragazze coatte minorenni, le studenti nei
pensionati, gli anziani nei ricoveri, i malati di pellagra e le cucine
economiche, insegnano il ricamo in oro. Inoltre operano nelle parrocchie e
negli oratori, aprono scuole di studio e di lavoro, doposcuola, insegnano in
diverse scuole comunali.
Santa
Geltrude vede il primo riconoscimento pontificio dell’Istituto nel Decreto di
Lode dell’11 aprile 1900 promulgato da Leone XIII.
L’opera
di Dio è compiuta!
Santa
Geltrude ormai ha dato tutte le garanzie di continuità per l’Adorazione
pubblica perpetua a Gesù Sacramentato, ha trasfuso nelle suore il prezioso
patrimonio spirituale di preghiera, di umiltà e di carità soprattutto verso i
poveri quindi può andare incontro al suo sposo Gesù.
A
mezzogiorno del 18 febbraio 1903, piegando il capo verso la finestrella per un
ultimo sguardo a Gesù Esposto, muore. Ha solo 56 anni.
Il
Decreto del riconoscimento pontificio dell’Istituto avviene 1906 e quello delle
Costituzioni nel 1910, entrambi emanati da Papa Pio X, che Santa Geltrude aveva
conosciuto quando era arcivescovo di Venezia.
Nel
mondo, presenti saranno “sempre” le Suore Sacramentine, che con gioia e “brio”
prolungano il Carisma di santa Geltrude nell’Adorazione del Mistero Eucaristico
e s’impegnano a farlo conoscere ed amare
L’Istituto
è presente in tutta l’Italia 1882, in Brasile 1946, in Malawi 1976, in Ecuador
1987, in Kenya 1991, in Bolivia 2005, in Croazia 2006. Nel 1939/1940 le Suore
Sacramentine raggiunsero anche l’Etiopia e la Cina, ma in seguito a
rivolgimenti politici, le Suore furono internate in “campi” maltrattate e
derise e poi espulse nel 1943 dall’Etiopia e nel 1951 dalla Cina.
“Gesù
amarti e farti amare” è stato il lift motiv di tutta la vita di santa Geltrude
e l’Eredità Spirituale lasciata a tutte le Suore Sacramentine e a tutti gli
uomini di buona volontà nel mondo.
E’
stata dichiarata Venerabile, per l’Eroicità delle Virtù, da Papa Giovanni XXIII
il 26 aprile 1961.
E’
stata proclamata Beata da Papa Giovanni Paolo II l’1 ottobre 1989.
E’
stata proclamata Santa da Papa Benedetto XVI il 26 aprile 2009.
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