MADRE ISABELLA DE ROSIS
Famiglia
e primi anni
Isabella
de Rosis nacque il 9 giugno 1842 a Rossano Calabro in provincia di Cosenza. I
suoi genitori, Domiziano de Rosis e Gabriela Francesca Berlingieri,
appartenevano alle migliori famiglie di Rossano e di Crotone.
Fu
battezzata il 2 agosto 1842 nella chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista
a Rossano. Sin da bambina fu incline alla pietà, che riuscì a coltivare
nonostante le difficoltà frapposte dall’ambiente familiare.
Educanda
nel monastero di Santa Chiara a Napoli
A
10 anni, nel 1853, entrò nel convitto del celebre monastero di Santa Chiara a
Napoli. I genitori avevano scelto per lei quella sistemazione perché potesse
ricevere la formazione adatta al suo ceto sociale. Inoltre, nello stesso
monastero vivevano due zie materne, suor Maria Crocifissa (al secolo Eleonora
Berlingeri) e suor Maria Vittoria (Vittoria Berlingeri).
Isabella
ricevette effettivamente un’educazione completa, sia dal punto di vista
culturale, sia da quello religioso. Imparò il francese, a suonare il pianoforte
e l’arpa, e divenne molto abile nel ricamare in seta e in oro.
La
sua principale educatrice era suor Marianna Spinelli, anche lei di casato
nobile e di origini calabresi, che le fu di esempio nello spirito di povertà e
di ubbidienza. Nel monastero di Santa Chiara, Isabella si accostò alla Prima
Comunione e ricevette la Cresima. Nel 1856, quindicenne, compì la sua prima
consacrazione al Sacro Cuore.
Prime
aspirazioni alla vita consacrata
A
19 anni, nel 1861, ritornò in famiglia, con l’intento di abbracciare lo stato
religioso. Tuttavia, i suoi genitori si opposero, pur senza riuscirci, perché
intenzionati a farle fare un matrimonio conveniente.
Nel
1869, a 27 anni, Isabella entrò come postulante tra le Figlie della Carità a
Napoli. Da lì fu trasferita a Parigi, che lasciò dopo due anni per motivi di
salute. Dopo un breve periodo trascorso a Rossano, ritornò a Napoli per curarsi.
Dal
20 febbraio 1868 all’aprile 1869 visse con Caterina Volpicelli, che aveva
lasciato la sua famiglia d’origine per dedicarsi alla diffusione del culto al
Sacro Cuore di Gesù. Fu obbligata a tornare a casa, ma i rapporti tra lei e
Caterina, fondatrice delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù (canonizzata nel
2009), rimasero molto buoni.
Nel
1874 fece domanda per essere ammessa nella Società di Maria Riparatrice a Roma,
ma fu scoraggiata da padre Carlo Piccirillo, confessore di papa Pio IX: il
Signore, come aveva dichiarato il Papa, voleva altro da lei.
Propagatrice
del culto al Sacro Cuore
Nei
tre anni che trascorse a Rossano, Isabella fu molto abbattuta da vari malanni
fisici e dall’ambiente frivolo in cui si trovava a vivere. Trovava conforto
solo nella preghiera davanti al Tabernacolo della cappella del suo palazzo e
nella corrispondenza con Giovanna Castrone, che aveva conosciuto nel periodo in
cui viveva con Caterina Volpicelli.
Incoraggiata
dal suo confessore, padre Aniceto Ferrante, poi vescovo di Gallipoli, diffuse
nella diocesi di Rossano Calabro l’Apostolato della Preghiera. In più,
attingendo al suo patrimonio, cominciò a procurare arredi sacri, spesso
ricamati proprio da lei, per le chiese povere. Trovava anche il tempo
d’insegnare il catechismo ai bambini poveri nella tenuta del “Crosetto”, in
campagna.
Nascita
delle Suore Riparatrici del Sacro Cuore
Col
tempo, maturò in lei l’idea di fondare un istituto dedito alla riparazione
delle offese e del mancato amore al Sacro Cuore di Gesù. Cominciò ad attuarla
nel 1875, quando, insieme a una compagna, Giuseppina Spina, si ritirò in una
piccola casa in affitto, Villa Albano, alla periferia di Napoli. La compagna,
però, se ne tornò a casa, ma Isabella non rimase sola per molto: la raggiunse
Marianna Ramauro.
Il
24 ottobre 1875, l’arcivescovo di Rossano, monsignor Pietro Cilento, trovandosi
di passaggio a Napoli, celebrò la vestizione religiosa di Isabella e Marianna.
Era l’atto di nascita delle “Povere Suore Riparatrici del Santissimo Cuore di
Gesù”.
Isabella,
ormai madre fondatrice, fu poi invitata dal cardinal Guglielmo Sanfelice, arcivescovo
di Napoli, ad accogliere una bambina orfana, Elvira Nobile. Fu l’inizio
dell’attività religiosa, educativa e caritativa a cui si dedicò il nuovo
Istituto.
Nella
Napoli del colera e del Risanamento
La
prima grande prova che colpì la giovane comunità religiosa fu l’epidemia di
colera del 1884, che colpì con violenza Napoli e la provincia e in parte tutto
l’ex Regno delle Due Sicilie.
La
situazione di Napoli città era particolarmente miserevole. Nel contesto urbano
esistevano grotte, fondaci, sotterranei, che nei quartieri popolari davano un
triste spettacolo. Lo squallore e la miseria erano evidenziati da strade
sporche e buie e da case cadenti.
La
mortalità infantile era molto elevata, come anche erano assai diffuse le
malattie infettive. Inoltre, mancava un’adeguata rete di distribuzione
dell’acqua potabile, per cui le fonti, i serbatoi e i pozzi esistenti, erano
portatori di microbi.
Il
tentativo di debellare il colera fu applicato anzitutto con l’utilizzo della
fonte del Serino, pura e limpida. Interi quartieri furono rasi al suolo, le
strade furono allargate. Ci fu una disinfezione generale, mentre l’espansione
urbanistica si estendeva. Era la fase della storia di Napoli chiamata
“Risanamento”.
Ciò
nonostante, nel 1884 e negli anni seguenti, i morti per colera furono molti.
Anche le Suore Riparatrici del Sacro Cuore si ridussero ai minimi termini e la
stessa fondatrice si ammalò.
Il
Santuario del Sacro Cuore al Vomero
Sapendo
che sulla collina del Vomero erano in costruzione molti palazzi e case signorili,
presso le quali si diffondeva il protestantesimo, madre Isabella, che aveva
ricevuto intanto gli ultimi Sacramenti, formulò un voto al Signore: «Cuore di
Gesù, se mi darai vita, Ti edificherò un Santuario di Riparazione in quella
zona».
Due
mesi dopo, ormai guarita, diede compimento alla sua promessa. Tuttavia, a causa
degli elevati costi per la costruzione, madre Isabella informò la Curia
arcivescovile di Napoli di essere disposta a cedere l’impegno a chi potesse
effettivamente portarlo avanti: se ne fecero quindi carico i Cooperatori
Salesiani della città. Il 1° maggio arrivarono i primi tre Salesiani di Don
Bosco e, il 1° giugno 1911, fu consacrata la nuova chiesa.
L’Istituto
si espande
Tra
gli ultimi mesi del 1895 e i primi del 1896, l’opera di madre Isabella traslocò
presso Palazzo Finelli, in corso Vittorio Emanuele, dalla sede di Villa Pepe,
seguita a quella di Villa Albano.
Qualche
tempo prima, la fondatrice aveva scritto all’arcivescovo, il cardinal
Sanfelice, per poter vestire nuovamente e senza limitazioni l’abito religioso.
Ottenuta risposta positiva, l’8 dicembre 1896 vestì, insieme a otto consorelle,
il nuovo abito.
Fu
quindi istituito il noviziato canonico, mentre iniziarono ad arrivare domande
perché le suore si occupassero di varie opere (asili, laboratori, orfanotrofi,
ricoveri per anziani) in gran parte del Sud Italia.
Il
12 luglio 1906 fu emanato dalla Santa Sede il Decreto di lode. Da allora in poi
l’Istituto fu denominato “Suore Riparatrici del Sacro Cuore”. Il 7 agosto
successivo, madre Isabella e altre suore emisero i voti perpetui.
La
visita apostolica
Nel
1909, però, si profilò un’altra grande prova per madre Isabella. A causa
dell’avversione di alcune persone, fra cui qualche suora, fu inviato da Roma un
Visitatore Apostolico con pieni poteri, nella persona del redentorista padre
Carmine Cesarano. Di lì a poco, chiese la destituzione della fondatrice come
superiora generale e ne ordinò la relegazione in una camera separata.
Madre
Isabella, privata del contatto con le sue figlie, arrivò comunque a pensare,
come annotò nelle sue riflessioni spirituali: «Isabella, ti sia dolce la vita
in quest’angolo appartato, lungi da ogni cosa: il tuo Dio vuole così, e l’anima
tua si tenga sul Calvario, innamorata di Gesù Crocifisso».
La
morte
Le
incomprensioni e le sofferenze minarono in breve le sue forze. Morì quindi l’11
agosto del 1911 a Napoli, a 69 anni. Non aveva più la forza di parlare, ma
quando il confessore della comunità le domandò se perdonava a tutti, fece cenno
di sì con la testa.
La
sua salma fu tumulata nel cimitero cittadino di Poggioreale. Nel 1937, i suoi
resti furono traslati nella chiesa della Casa madre dell’Istituto, in corso
Vittorio Emanuele. Fino al 2004 erano collocati in un loculo di marmo sotto il
pavimento, ma il 6 ottobre di quell’anno sono stati posti in un’urna di marmo,
sotto un quadro del Cuore Immacolato di Maria.
La
causa di beatificazione
La
fama della sua santità e le grazie a lei attribuite mossero l’arcivescovo di
Napoli, il cardinal Alessio Ascalesi, ad aprire la sua causa di beatificazione.
I
primi tre Processi Ordinari si svolsero quindi presso la Curia di Napoli dal 29
marzo 1939 all’11 novembre 1953. Nel corso della fase romana, gli atti dei
Processi Ordinari furono ritenuti insufficienti. Venne quindi istruito un
Processo storico, iniziato il 16 gennaio 1969 nel salone dell’Arcivescovado di
Napoli e concluso nel 1975.
Sia
questo, sia i Processi precedenti furono convalidati dalla Congregazione delle
Cause dei Santi il 24 settembre 1993. Nello stesso anno fu consegnata la
“Positio super virtutibus”, passata all’esame dei Consultori storici della
Congregazione delle Cause dei Santi il 25 maggio 1993.
Il
Congresso peculiare dei Consultori Teologi, svolto il 6 dicembre 2004, ebbe
esito positivo. Il 1° marzo 2005, poi, la riunione dei cardinali e dei vescovi
membri della Congregazione delle Cause dei Santi si pronunciò favorevolmente
circa l’esercizio in grado eroico delle virtù cristiane da parte di lei.
Infine, il 19 dicembre 2005, papa Benedetto XVI autorizzava la promulgazione
del decreto con cui madre Isabella De Rosis veniva dichiarata Venerabile.
Le
Suore Riparatrici del Sacro Cuore oggi
Le
figlie spirituali di madre Isabella esercitano gli insegnamenti da lei ricevuti
tramite l’apostolato parrocchiale e varie opere caritative. Promuovono la
devozione al Sacro Cuore e aiutano i giovani a comprendere la propria
vocazione.
La
Casa madre, come già detto, è a Napoli, mentre la Casa generalizia è a Roma.
All’estero contano presenze in Venezuela (1952), nelle Filippine (1978), in
Colombia (1986), in India (1990) e in Argentina (1993).
Preghiera
Padre
infinitamente santo,
Cristo
tuo Figlio ha attirato al suo Cuore
la
Venerabile tua serva Isabella de Rosis,
e
l’ha guidata lungo i sentieri dolorosi,
per
fare di lei la Riparatrice appassionata.
T’imploriamo,
Padre, di glorificarla
ottenendoci,
per sua intercessione,
la
grazia che ti domandiamo,
perché
possa risplendere davanti a tutti,
come
modello di virtù evangeliche.
Te
lo chiediamo per mezzo di Cristo
e
in comunione con Maria,
alla
quale Isabella affidò se stessa
e
le sue figlie:
le
Suore Riparatrici del Sacro Cuore.
Tu,
Padre, vivi e regni
in
unità con il Figlio e con lo Spirito,
per
tutti i secoli dei secoli. Amen.
Imprimatur:
† Angelo Comastri, Vicario Generale del Santo Padre per la Città del Vaticano,
28 gennaio 2006.
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