SANTA MARIA BERTILLA
Nata
nel 1888 in provincia di Vicenza, in una famiglia contadina, con l'aiuto del
parroco, entrò nel 1905 nelle suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei
Santissimi Cuori a Vicenza. Divenuta infermiera, lavorò nell'ospedale di
Treviso, dove si dedicò a servire i malati nel corpo e nello spirito,
infaticabile nell'aiutare le consorelle. Nonostante fosse stata colpita da un
tumore a soli 22 anni, continuò con impegno il proprio lavoro, reso più
faticoso dalle difficoltà e dalle tensioni della prima guerra mondiale. Mandata
a Como, soffrì molto per l'incomprensione di qualche medico e della propria
superiora senza mai lamentarsi o protestare. Tornata a Treviso, riprese il suo
lavoro in ospedale nonostante l'aggravarsi della malattia. Morì a 34 anni, nel
1922. La sua grandezza spirituale sta nell'aver cercato nella fatica,
nell'umiltà, nel silenzio, un'unione con Dio sempre più profonda. Le sue
spoglie si trovano ora a Vicenza, nella Casa madre della sua comunità.
Operata
di tumore a 22 anni, lei che è infermiera sperimenta la vita in ospedale anche
sul versante della sofferenza. Riesce a rimettersi e torna alle sue fatiche:
quelle che ha scelto entrando nel 1905 tra le Suore Maestre di Santa Dorotea,
Figlie dei SS. Cuori a Vicenza. Al battesimo è stata chiamata Anna Francesca:
figlia di agricoltori non certo ricchi, ha frequentato alcune classi di scuola
elementare; poi, presto al lavoro, come tutte le ragazze della sua condizione
all’epoca. Lavoro in campagna, in casa sua, in casa d’altri.
Presa
la decisione di farsi suora, Anna Francesca lascia che sia il suo parroco a
scegliere per lei tra le varie congregazioni femminili. Al momento della
professione religiosa prende poi i nomi di Maria Bertilla. I suoi primi compiti
in comunità sono i lavori in cucina, al forno e in lavanderia: nessun problema
per una che conosce le fatiche della campagna ancora senza macchine, dove tutto
si fa a forza di braccia. Poi inizia il tirocinio presso l’ospedale di Treviso
e si rimette a studiare, diplomandosi infermiera. Ma questo non le impedisce di
dedicarsi anche a compiti più pesanti per aiutare le consorelle.
Ecco
poi sopraggiungere il tumore, l’intervento chirurgico, la lenta ripresa. Pochi
anni dopo scoppia la prima guerra mondiale, e quando Treviso viene a trovarsi
in pericolo suor Maria Bertilla è trasferita in Lombardia con tutto l’ospedale,
e sottoposta a una prova severa: incomprensioni e dissensi provocano la sua “retrocessione”
da infermiera a donna di fatica in lavanderia.
Suor
Maria Bertilla ne soffre moltissimo: ma dentro di sé, soltanto dentro. Non le
sfugge una parola di amarezza, di risentimento. Il suo fisico ora resiste meno
allo sforzo, ma la volontà non cede. Dopo il rientro a Treviso, la religiosa
viene reintegrata nelle funzioni di infermiera. Ma lei è anche qualcosa
d’altro, come dirà Giovanni XXIII canonizzandola l’11 maggio del 1961: "La
irradiazione di suor Bertilla si allarga: nelle corsie, a contatto con gli
epidemici, a consolare, a calmare: pronta e ordinata, esperta e silenziosa,
fino a far dire anche ai distratti che Qualcuno – cioè il Signore – fosse
sempre con lei a dirigerla".
Finché
crolla: si è riprodotto il tumore. "La morte mi può sorprendere ad ogni
momento", scrive nei suoi appunti, "ma io devo essere
preparata". Nuova operazione, ma questa volta non si rialza più e la sua
vita si conclude a 34 anni. L’irradiazione però continua. Presso la sua tomba
c’è sempre chi prega, chi ha bisogno della suora infermiera per i mali più
diversi: e l’aiuto, per vie misteriose, arriva. Vissuta oscuramente, Maria
Bertilla è sempre più conosciuta e amata da morta. Esperta in sofferenza e
umiliazione, continua a donare speranza. Le sue spoglie si trovano ora a
Vicenza, nella Casa Madre della sua comunità.
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