BEATO JAIME ORTIZ ALZUETA


Tra di essi, oltre al sacerdote suddetto, spicca il giovane Jaime Ortiz Alzueta.
Nato a Pamplona, Navarra spagnola, era il capobanda tra i ragazzi del quartiere in cui viveva. Era temuto ed ammirato, ovunque passasse portava il terremoto. Trascorse la sua fanciullezza vagabondando continuamente tra istituti e collegi, che inesorabilmente lo rispedivano a casa dopo averne constatata la sua incorreggibile indisciplina.
Un giorno fece ritorno a casa con la faccia sporca ed ustionata dal sole. Suo padre, sconvolto, si precipitò nella casa dei Maristi, ove Jaime avrebbe dovuto essere a scuola, ma si sentì rispondere che suo figlio non si presentava alle lezioni da oltre un mese.
Come ultima possibilità, il 24 maggio 1913, a soli dodici anni, entrò nella Scuola Professionale salesiana della città. Qui rimase miracolosamente incantato dalla figura di San Domenico Savio. Fu ammesso a far parte della banda musicale, ma il suo vivace ed irrequieto temperamento anche qui non tardò a manifestarsi ed in un momento di dispetto scassò il suo strumento musicale e tornò a casa affermando: “Prima che mi cacciassero anche i salesiani, sono venuto via da solo”.
All’età di 15 anni Jaime lavorava in un’officina meccanica. Questo duro lavoro era anche purtroppo spesso caratterizzato dalla miseria materiale e morale dei suoi colleghi.
Nonostante tutto, la sua apertura al mondo lo portò a ripensare alla sua vocazione e dopo averla covata a lungo dentro di sé, prese una decisione uguale ed inversa a quando aveva sbattuto la porta dei salesiani. Si recò dunque dal direttore chiedendogli: “Se non è troppo tardi, voglio tornare qui e diventare salesiano. Voglio diventare non prete ma maestro di officina, per insegnare ai giovani a lavorare senza perdere la fede e l’anima”.
Messo subito alla prova, fu impressionante la radicale trasformazione manifestatasi in lui. Dopo quattro anni, dedicati alla formazione nell’arte meccanica e nella vita cristiana, potè essere ammesso al noviziato. Nel 1932 poté così offrire la sua vita a Dio emettendo i voti di castità, povertà ed obbedienza e divenendo coadiutore salesiano. Assunse come proposito: “ Salvarmi l’anima e salvare quella di altri giovani: ecco la mia vocazione”.
Studiò ancora a Torino e venne destinato come capomeccanico alla Scuola Professionale di Barcellona-Sarriá, nei pressi di. Instancabile lavoratore, si rivelò presto uno splendido figlio di Don Bosco. Sempre pienò di vitalità, era solito raccogliersi in preghiera con i suoi ragazzi, e dopo averli fatti lavorare sodo esplodeva con loro nella tipica allegria del cortile.
Nell’estate del 1936 fu anch’egli sorpreso dalla sanguinosa guerra civile che travolse l’intera Spagna. La suola venne chiusa. Insieme con don Felipe Hernandez Martinez trovò rifugio in una locanda di una benefattrice, che fu perquisita dai miliziani il 27 luglio: furono presi i due salesiani ed anche un terzo, don Zacarias Abadia Buesa, che era venuto per cercarvi rifugio. Per la condanna a morte di Jaime fu addotta come scusa l’aver trovato delle medagliette della Madonna nella custodia del suo clarinetto.
Dopo essere stati torturati, i tre furono uccisi quella stessa notte. Jaime aveva soli 23 anni di età. Solo dopo alcuni mesi, nella sede dei miliziani, furono rinvenuti a testimonianza del suo martirio dei documenti e delle fotografie, in cui era raffigurato con il petto barbaramente ferito e la faccia deformata da colpi di bastone.





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