SAN GIOVANNI LEONARDI
Nella
Bolla della sua canonizzazione, san Giovanni Leonardi è definito uno dei
maggiori apostoli del secolo della Riforma cattolica. Un impegno, il suo, che
gli costò opposizioni, calunnie e persino la messa al bando dal suo paese natale,
ma che non diminuì in alcun modo la sua azione profetica. Nato a Diecimo presso
Lucca nel 1541, da una famiglia di modesti proprietari terrieri, fu mandato a
Lucca per imparare l’arte dello speziale, come si chiamava allora il
farmacista. Lì frequentò il gruppo dei cosiddetti “Colombini”, impegnati a
vivere da autentici cristiani assistendo i poveri e i pellegrini. Avvertita la
vocazione al sacerdozio, a 26 anni, su consiglio del suo direttore spirituale,
abbandonò la professione di farmacista per iniziare gli studi ecclesiastici e
nel 1571 celebrò la sua prima Messa. Da allora si dedicò alla predicazione,
alla confessione e soprattutto all’insegnamento della dottrina cristiana
secondo le norme emanate dal Concilio di Trento. Con l’aiuto di alcuni “Colombini”
cominciò a riunire nella chiesa di S. Giovanni i ragazzi del rione per un tipo
di catechesi che, per quei tempi, costituiva una novità e per questo spinse il
vescovo a conferirgli l’incarico di insegnare la dottrina in tutte le chiese di
Lucca: alle “lezioni” del santo accorrevano anche gli adulti, conquistati dal
suo metodo. Dalla città questo apostolato si estese anche alle parrocchie
vicine, promuovendo una confortante ripresa della vita cristiana in un ambiente
caratterizzato, oltre che dalla decadenza dei costumi, dalla presenza di alcuni
predicatori eretici.
Per
dare continuità alla sua iniziativa, il Leonardi fondò una Compagnia della
Dottrina Cristiana gestita da laici, con regolari statuti approvati dal
vescovo, la quale si diffuse in altre città italiane come Pescia, Pistoia,
Siena, Napoli e Roma. A Lucca, inoltre, egli si impegnò nella promozione della
pratica delle Quarantore e della Comunione frequente. Un ulteriore passo si
ebbe nel 1574, quando prese avvio la Confraternita dei preti Riformati, i cui
membri avrebbero poi preso il nome di Chierici Regolari della Madre di Dio. A
questo punto lo zelo del santo si scontrò con l’opposizione di gruppi
comprendenti non solo eretici, ma anche sacerdoti e laici, che mal sopportavano
la sua azione riformatrice e che costrinsero i membri della congregazione ad
abbandonare la chiesa di S. Maria della Rosa per trasferirsi in quella di S.
Maria Corteorlandini. Nel 1581 l’autorità diocesana riconobbe il nuovo Ordine,
che due anni dopo tenne il suo primo Capitolo generale in cui il Leonardi fu
eletto superiore generale. Egli partì per Roma per ottenere l’approvazione
dello statuto che era stato approvato dal vescovo nel 1584, e durante la sua
assenza si scatenò una furiosa campagna denigratoria contro di lui da parte dei
magnati della città che, sobillati da alcuni sacerdoti ed eretici, emisero un
decreto con cui lo bandivano in perpetuo come nemico della patria, con l’accusa
di perturbare l’ordine pubblico e di non rispettare le autorità costituite.
Un’inchiesta sollecitata dal santo per accertare le presunte colpe non ebbe
esito, ma si continuò ugualmente a perseguitarlo. Persino alcuni membri della
sua comunità entrarono in conflitto tra loro, ma egli comunque dimostrò sempre
magnanimità e carità verso i suoi persecutori. A Roma, dove rimase in esilio
per alcuni anni, si fece apprezzare dalla Curia per le sue qualità di sacerdote
e per la coerenza della sua condotta. Entrò in amicizia con san Filippo Neri
che lo presentò a papa Clemente VIII e questi nel 1582 lo incaricò di dirimere
una delicata situazione creatasi nel santuario della Madonna dell’Arco, in
diocesi di Nola, circa l’amministrazione delle offerte dei pellegrini. Condotta
felicemente a termine questa missione, il Pontefice lo inviò come Visitatore
apostolico alla congregazione di Montevergine, un insigne ramo dell’Ordine
benedettino nell’avellinese, per promuoverne la riforma: egli durante cinque
anni visitò tutti i monasteri personalmente, rendendosi conto dei disordini e
degli abusi che avevano determinato lo scadimento di quella famiglia religiosa;
soppresse i monasteri con meno di dodici membri e negli altri varò norme
uniformi circa il vitto, il vestito e le suppellettili in ossequio al voto di
povertà. Inoltre, eliminò le ingerenze laicali nella vita delle comunità
monastiche, provvide alla nomina delle cariche e creò un noviziato pilota che
servisse di esempio agli altri monasteri.
Il
Papa gli ordinò di recarsi a Lucca per visitare i suoi discepoli, che egli
esortò alla carità e all’osservanza delle Costituzioni. Analoghi compiti di
riforma gli furono poi affidati tra i benedettini di Vallombrosa, dove il santo
rimosse le cariche, corresse gli abusi, ai novizi ordinò la confessione e la
comunione settimanali, e a tutti la meditazione e gli esercizi spirituali.
Intanto a Roma gli veniva affidata la chiesa di S. Maria in Portico, dove
introdusse subito il regolare insegnamento della dottrina cristiana; inoltre fu
chiamato come direttore spirituale nel monastero delle Cappuccine di S. Urbano
e in quello delle Oblate di Santa Francesca Romana. Fu anche mandato in visita
alla comunità del Chierici regolari delle Scuole Pie (gli Scolopi), diventando
amico del loro fondatore, san Giuseppe Calasanzio. Tra il 1607 e il 1608, con
il prelato spagnolo G. Battista Vives e il gesuita Martin de Funes, progettò
una congregazione di preti che avessero come scopo precipuo la propaganda
cristiana tra gli infedeli: nacque così nel 1603 quello che poi sarebbe
diventato il Collegio Urbano di Propaganda Fide, del quale il santo è
considerato il cofondatore. In quello stesso anno il card. Baronio,
collaboratore di san Filippo Neri, che era stato nominato Protettore della
Congregazione, lo volle superiore generale della stessa, nonostante
l’opposizione dei notabili lucchesi che non avevano cessato di essergli ostili
perché ritenevano che il Leonardi sarebbe stato un inviato dell’Inquisizione
che essi non volevano a Lucca.
Il
santo visse i suoi ultimi anni a Roma, dove morì l’8 ottobre 1609. Dapprima
sepolto in S. Maria in Portico, fu poi traslato nella chiesa di S. Maria in
Campitelli, divenuta la sede generalizia dell’Ordine. Beatificato da Pio IX nel
1861, fu canonizzato da Pio XI il 17 aprile 1938. Di particolare interesse tra
gli scritti del santo è il celebre Memoriale a Paolo V per la riforma generale
di tutta la Chiesa: in esso l’autore rivolge al Pontefice un caldo invito a
promuovere una serie di interventi quali, ad esempio, la celebrazione di sinodi
nazionali, che consentano un’attenta diagnosi dei mali che travagliano la
Chiesa; il potenziamento della catechesi dei fanciulli perché «fin dai primi
anni siano educati nella purezza della fede cristiana e nei santi costumi»; il
rinnovamento del clero che, a suo avviso, «è la necessaria premessa per la
riforma anche dei laici». Un documento, come si vede, di evidente portata
profetica.
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