MONS. OLINTO FEDI
In
un borgo piccolo e laborioso, Signa, non lontano da Firenze, Olinto Fedi nacque
terzogenito il 3 ottobre 1841, in una famiglia di fornai. Ebbe sette fratelli,
alcuni dei quali con i nomi assai singolari. Il fratello maggiore, Fito,
all’età di quattordici anni, manifestò la volontà di diventare sacerdote,
presto ebbero la vocazione anche Olinto e Mazzingo. I due andarono nel
seminario di Prato, il maggiore a Fiesole. Papà Antonio probabilmente sperava
che i figli avrebbero così avuto la formazione necessaria perché si aprisse
loro una buona carriera. Dopo una parentesi che portò Olinto e Mazzingo da
Prato a Cortona, nel 1858 finalmente i tre si ritrovarono nel seminario
Eugeniano di Firenze che riapriva dopo essere stato adibito ad Ospedale
Militare. In quegli anni si compiva l’unità d’Italia e il Granduca di Toscana
Leopoldo II dovette lasciare il suo Stato che con plebiscito (aprile 1859) si
univa al Regno Sabaudo. Secondo i nuovi ordinamenti gli studi religiosi non
avevano più valore civile: Mazzingo tornò a casa mentre Olinto e Fito rimasero
convinti a diventare preti.
Olinto,
che si formò spiritualmente leggendo
l’”Imitazione di Cristo”, immerso sempre nello studio per diventare un buon
prete, ebbe nel 1863 l’opportunità di fare qualche gita che poi sarebbero
rimaste le uniche della sua vita. Non andò lontano, sostò nei luoghi che sono
ancora oggi oasi di spiritualità famose nel mondo, dove la bellezza del creato
avvicina a Dio. Visitò Monte Senario, culla dell’Ordine dei Servi di Maria e le
abbazie di Vallombrosa e Camaldoli. Il 19 dicembre di quell’anno avvenne l’ordinazione
diaconale, il 24 maggio successivo finalmente era prete e poté celebrare la
messa nella natia Signa, davanti alla famiglia e a tutto il paese. Il 4 agosto
fu nominato aiuto-parroco nella vicina S. Mauro a Signa, dove abili
impagliatori producevano dallo stelo del grano la caratteristica “paglia di
Firenze”. Fito fu inviato prima a San Miniato a Signa, poi alla Pieve di San
Lorenzo a Monte: i due, negli anni a venire, poterono costantemente
confrontarsi sui problemi pastorali delle piccole parrocchie che erano state
loro affidate. Poche migliaia di abitanti, prevalentemente contadini, assai
bisognosi di una guida spirituale. In quel contesto povero, don Olinto assimilò
la spiritualità francescana, visitava regolarmente il vicino convento di Santa
Lucia, condividendo alcuni momenti di preghiera con i frati, tanto che decise
di iscriversi al loro Terz’Ordine. Fece sue le necessità dei parrocchiani,
conobbe una ad una le case del paese e per i giovani, che maggiormente potevano
allontanarsi da Dio, aprì la “Pia Casa del ritiro”, un semplice ma prezioso
punto di aggregazione. Per le impagliatrici e per quanti bussavano alla porta
della canonica istituì invece “Il Pane dei Poveri”. Nel frattempo il parroco
era morto e tutta la responsabilità della parrocchia cadde sulle sue spalle.
Dalle lettere di quegli anni traspare la preoccupazione perché le anime che gli
erano affidate vivessero in grazia di Dio. Nelle omelie spronava tutti al Bene,
diceva: “Fissate lo sguardo vostro, e contemplatelo nell’immagine del Crocifisso;
e poi ditemi, se non è veramente un mistero tanto amore di un Dio per noi, sue
creature!”.
Nel
1876 la Casa del Ritiro si stabilì in una modesta casetta, non lontano da San
Mauro, mentre tre giovani ragazze del paese, un giorno, gli confidarono di
voler abbracciare la vita religiosa. Don Olinto divenne fondatore non per sua
iniziativa. Ebbe l’autorizzazione dall’Arcivescovo Eugenio Lecconi, guidò la
nascita della comunità di religiose che, in abiti secolari, badando alla
propria sussistenza, ebbero la missione di “fare il Bene” seguendo la Regola
francescana. La strada che avevano davanti era affascinante, ma tutta in
salita.
Il
1° settembre 1877 ci fu il trasferimento presso un luogo più appartato, fuori
paese, sull’argine del fiume Bisenzio, presso un conventino. Le giovani
aumentarono e poterono vestire l’abito religioso il 28 gennaio 1886: tra le
prime professe ci fu suor Francesca Taducci. L’attività di don Olinto si divise
così tra la parrocchia, di cui per ragioni giuridiche rimase sempre curato e
non parroco, e la comunità di suore. Quattro anni più tardi le religiose si
trasferirono a San Piero a Ponti, si tenne il primo capitolo e suor Tarducci fu
eletta superiora. Presero il nome di Terziarie Francescane della Concezione
(oggi Francescane dell’Immacolata). Alcune invece si separarono andando ad
abitare nei locali messi a disposizione dalla parrocchia di Tavola: la
scissione procurò non poche pene al Servo di Dio.
Don
Olinto divenne per i sacerdoti della diocesi un modello, capitò sovente che
l’arcivescovo gli mandasse i novelli preti perché si formassero. Ebbe sempre
assidua cura degli ammalati del paese cui offriva il vino che produceva a
fianco della canonica i cui effetti benefici divennero proverbiali.
I
suoi ultimi anni di vita e di apostolato furono caratterizzati dallo scoppio
della Prima Guerra Mondiale e da profondi mutamenti sociali. A Signa, in
particolare, erano le impagliatrici e i contadini ad essere sfruttati e il
Servo di Dio promosse in tal senso l’Associazione delle Famiglie Cristiane e la
Società dell’Unione Eucaristica. Le suore aprirono un orfanotrofio, una casa
per pensionanti e una per educande. Avevano il compito di operare dove il
parroco non poteva, apostole contemplative ben formate spiritualmente e
culturalmente. Dopo tanti anni giunsero i meritati riconoscimenti: nel 1911 la
Santa Sede approvò le Costituzioni della congregazione, poco dopo per il
fondatore arrivò la nomina a monsignore. Don Olinto rimase un semplice prete di
campagna, commosso e preoccupato per i suoi ragazzi partiti al fronte e per la
miseria che sempre più affliggeva il paese che tra il 1919 e il 1920 fu colpito
anche da un epidemia di “spagnola”.
Il
5 ottobre 1921 morì Madre Francesca Tarducci, fedele collaboratrice per
lunghissimi anni. Don Olinto, confortato dai sacramenti, la seguì nella pace
dei giusti il 23 gennaio 1923.
Le
Francescane dell’Immacolata sono oggi presenti, oltre che nei luoghi delle
origini, a Firenze e Roma, in diverse località toscane e a Catanzaro.
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