SAN VALENTINO
La
Passione di sai Valentino martire, ora pubblicata in edizione critica da
Edoardo D’Angelo nel volume “San Valentino e il suo culto …” edito a Spoleto
nel 2012, era già stata studiata da padre Agostino Amore (Bibliotheca
sanctorum, XII, Roma, 1969, col. 899) e da numerosi altri studiosi, soprattutto
nel tentativo di risolvere il problema di identificazione tra i due santi
omonimi venerati nello stesso giorno, il prete romano e il vescovo di Terni; le
conclusioni cui oggi sono giunti gli storici parlano di un unico martire, il
vescovo di Terni, mentre il prete romano sembra non essere mai esistito e la
sua figura sembra essere frutto soltanto di un equivoco.
La
vita
La
Passione del santo di Terni ci parla di tre nobili ateniesi, Proculo, Efebo e
Apollonio giunti a Roma per studiare presso il retore Cratone, maestro di
lingua greca e latina; questi aveva un figlio, di nome Cheremone, affetto da
una deformità fisica che lo costringeva a stare rannicchiato su se stesso, e
nessun medico era riuscito a guarirlo. Un tale Fonteio, inserito qui nel
racconto, dichiara a Cratone che anche un suo fratello era stato a lungo
affetto dalla medesima patologia ed era stato guarito da Valentino, vescovo di
Terni. Cratone, manda allora a chiamare il vescovo, gli promette addirittura la
metà di tutti i suoi beni se gli avesse guarito il figlio, ma Valentino, in un
lunghissimo colloquio notturno gli spiega che non saranno certo le sue ricchezze
a guarire il ragazzo, quanto piuttosto la fede nell’unico Dio che appunto lo
stesso vescovo adora. Cratone, ormai convinto, promette che si farà battezzare
non appena suo figlio avrà riacquistato la salute. Valentino allora si ritira
in una stanza dove fa distendere il ragazzo sul proprio cilicio; si immerge poi
nella preghiera per tutta la notte finché una luce abbagliante avvolge il luogo
e Cheremone balza in piedi completamente risanato. Di fronte al miracolo,
Cratone e tutta la famiglia si fanno battezzare dal vescovo, così pure fanno i
tre studenti greci, Proculo, Efebo e Apollonio, ma abbraccia il cristianesimo
anche Abbondio altro studente e figlio del Praefetto di Roma, Furioso Placido,
documentato in questa carica negli anni 346-347: è questa la data storica da
attribuire al martirio di Valentino e non quelle che finora avevano parlato del
II secolo, e di S. Feliciano di Foligno. Quanto poi a Furioso Placido egli era
uno dei rappresentanti di quella classe senatoria che, almeno nella sua maggioranza,
pur dopo l’Editto costantiniano del 313, continuava a seguire gli antichi culti
della città; proprio su mandato del Senato, Furioso, un nome che finora era
stato tradotto con «adirato», un attributo riferito a Placido, arresta
Valentino e lo fa decapitare al secondo miglio della via Flaminia, ma lo fa
quasi di nascosto, durante la notte, per evitare la reazione della ormai
numerosa componente cristiana della città. Dopo una prima sommaria sepoltura
sul luogo del martirio, Proculo, Efebo ed Apollonio portano il corpo del
martire a Terni e qui lo seppelliscono poco fuori della città. Ma a Terni il
consolare Lucenzio (altrove chiamato Leonzio), informato del fatto, fa
catturare i tre e, ancora durante la notte, per paura che la popolazione li
liberasse, li fa decapitare e si sottrae all’eventuale rabbia popolare fuggendo
dalla città insieme ai funzionari del suo ufficio; la popolazione intanto,
sollecitata proprio da Abbondio, seppellisce anche i nuovi martiri presso la
tomba di Valentino.
Il
culto
I
tre sono i primi cristiani sepolti presso la tomba del vescovo a Terni, seguiti
poi da molti altri fino al secolo IX, periodo in cui vengono datate le tombe
più recenti scoperte nella necropoli; ma molti altri cristiani, come una
ternana di nome Veneriosa (359), per diversi secoli, scelgono di essere sepolti
presso la tomba primitiva sulla via Flaminia. Qui a pochi anni dal martirio,
papa Giulio I (337-352) aveva fatto costruire una basilica, abbellita in
seguito da papa Teodoro (642-649), e venerata per molti secoli.
Anche
a Terni era sorta una «memoria» sul luogo della tomba definitiva del martire,
circondata dalle sepolture di numerosi altri cristiani. Abbiamo invece poche
notizie storiche su questa seconda chiesa: la più conosciuta si riferisce al
742 quando proprio qui avvenne un incontro tra papa Zaccaria ed il re
longobardo Liutprando. Ma quale patrono della città venne a lungo venerato
sant’Anastasio. Solo dopo il 1605, data in cui vennero ritrovate le reliquie
del vescovo martire, assistiamo ad un vero rilancio del culto di san Valentino,
nominato ben presto unico patrono della città, ed in suo onore venne edificata
la nuova chiesa, affidata alla cura dei padri Carmelitani scalzi, che la
officiano ancora oggi.
Patrono
degli Innamorati
Il
patronato poi di san Valentino sui fidanzati si fonda su un antico scritto
dell’inglese Geoffrey Chaucer, il quale racconta soltanto come nel giorno di
san Valentino gli uccellini iniziassero le loro danze d’amore: ma nulla di più!
Anzi, forse lo scrittore ha addirittura fatto confusione tra la festa del
martire ternano e quella dell’omonimo santo vescovo di Genova. Poi, pochi
decenni fa, è intervenuta la commercializzazione consumistica della ricorrenza
e la Chiesa, come già nei primi secoli aveva inglobato alcune festività
paganeggianti, ha cercato di «santificare» anche queste manifestazioni moderne,
promuovendo tra i fidanzati una maggiore consapevolezza verso il Sacramento del
matrimonio.
Restano
le leggende, alcune anche banali, ma dobbiamo sapere che sono tali e soltanto
tali.
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