BEATO JOHN HENRY CARD. NEWMAN
«Ex
umbris et imaginibus in Veritatem» («Dalle ombre e dagli spettri alla Verità»),
così recita l’epitaffio sulla tomba del cardinale John Henry Newman
(1801-1890), il pastore anglicano che abbracciò il Cattolicesimo dopo lunghi
anni di elaborazione intellettuale, filosofica, teologica e che il 19 settembre
è stato beatificato a Birmingham da Benedetto XVI, durante il suo viaggio in
Gran Bretagna (16-19 settembre 2010).
Tutta
la sua vita è la prova più evidente e concreta che la ragione può unirsi alla
Fede per approdare a Santa Romana Chiesa, l’unica vera custode degli
insegnamenti di Gesù Cristo, Figlio di Dio, Via, Verità e Vita. Ancora
cardinale, Joseph Ratzinger, il 28 aprile 1990, in occasione del centenario
della morte di Newman, dichiarò: «… fu la sua coscienza che lo condusse dagli
antichi legami e dalle antiche certezze dentro il mondo per lui difficile e
inconsueto del Cattolicesimo. Tuttavia, proprio questa via della coscienza è
tutt'altro che una via della soggettività che afferma se stessa: è invece una
via dell'obbedienza alla verità oggettiva. Il secondo passo del cammino di
conversione che dura tutta la vita di Newman fu infatti il superamento della
posizione del soggettivismo evangelico [nel senso del Protestantesimo, che nega
il valore della Tradizione, n.d.r], in favore d'una concezione del
Cristianesimo fondata sull'oggettività del dogma».
A
condurre il professore e pastore Newman verso il Cattolicesimo fu certamente lo
studio che con amore dedicò ai Padri della Chiesa, ma altrettanto determinante,
come vigoroso stimolo intellettuale alla conversione, risultò il cammino che
fece all’Università di Oxford, all’interno dell’ Oxford Movement, nato nel
1833, nel quale confluirono i suoi grandi amici anglicani, Kelbe, Pusey, Ward,
Faber, teso ad un’interpretazione della Chiesa d’Inghilterra come una «Via
media», tra gli errori del Protestantesimo da un lato e quelli di Roma
dall’altro.
Tuttavia,
nel febbraio 1841, nel documento Tract 90, Newman scrisse che i 39 articoli
della Fede anglicana (stilati nel 1571) non erano compatibili con l’essenza del
Cristianesimo, fino a comprendere che Roma è «in verità le antiche Antiochia,
Alessandria e Costantinopoli, così come una curva matematica ha la propria
legge e la propria espressione».
Il
26 settembre 1843 pronunciò l’ultima omelia come vicario anglicano della
parrocchia di Littlemore, dove, l’8 ottobre 1845, si recò il passionista
Domenico Barberi, l’Apostolo dell’Inghilterra, beatificato da Paolo VI nel
1963. Aveva viaggiato per cinque ore di seguito sotto la pioggia, seduto a
cassetta di una vettura di linea. Erano le undici di sera ed egli stesso
ricorderà: «Mi sedetti accanto al fuoco per asciugarmi. La porta si aprì e
quale impressione fu per me quella di vedere comparire improvvisamente John
Henry Newman che mi chiedeva di ascoltare la sua confessione e di essere
accolto fra le braccia della Chiesa! E lì, accanto al fuoco, iniziò la sua
confessione generale con straordinaria umiltà e devozione».
Mirabili
tracce del cammino lungo e faticoso della sua conversione le ritroviamo
nell’Apologia pro vita sua, opera che Newman scrisse per difendersi dagli attacchi di chi gli era
diventato nemico, dopo che aveva abbracciato la vera Fede. In queste pagine
ritroviamo la personalità magnetica di un autore che ripercorre virtualmente
l’intera evoluzione dell’Occidente, dall’epoca in cui la cultura classica
diffuse il suo lievito formativo, a quando il Cristianesimo trasformò i
parametri umani dirigendoli verso la dimensione ultraterrena, fino a giungere
alle vicende della nuova civiltà, che, così simili a quelle dell’Israele
biblico, portarono alle divisioni e alle distorsioni del progetto originario,
di cui l’epoca moderna è sofferente protagonista. Tutto ciò espresso con
spirito non conformista, ma con libertà di indagine e chiarezza di giudizio. La
confessio fidei di questo innamorato e testimone della Verità diventa
illuminazione decisiva e tagliente, come «una spada a doppia lama», sulla
storia occidentale e, di conseguenza, sulla radice della sua vitalità e sulle
ragioni della sua decadenza.
I
semi della Grazia e della dottrina, depositati in lui già quando era calvinista
e poi anglicano, avevano raggiunto un grado di sviluppo tale da imporgli
moralmente la conversione. Di sé scriverà: «entrò nella Chiesa cattolica perché
credeva che questa e solo questa fosse la Chiesa dei Padri; perché credeva che
esistesse solo una Chiesa sulla terra, fino alla fine dei tempi; e perché, a
meno che questa Chiesa fosse la Chiesa di Roma non ne esistevano altre».
Degno erede della Scolastica e di san Tommaso
d’Aquino, Newman ci aiuta a comprendere la bellezza della Sposa di Cristo,
sempre nuova nella sua eternità, dove la Tradizione, con i suoi Padri, «che mi
fecero cattolico», assume i connotati della risorsa sicura per la purezza della
Fede.
Tutto
il pensiero del grande cardinale inglese, che lo condusse dalle ombre alla
luce, impasta costantemente la sua vita, fino ad identificarla con esso. Non
abbiamo di fronte a noi semplicemente un maestro di cattedra che illustra lo
sviluppo filosofico, storico e teologico delle sue scoperte ed intuizioni, ma
abbiamo un’anima che trova, passo passo, ostacolo dopo ostacolo, sofferenza
spirituale dopo sofferenza, l’approdo all’Oggetto del suo amore: la Verità e
con essa tutta la ricchezza di stampo cristologico e mariologico.
John
Henry Newman è uno dei più grandi e prolifici prosatori inglesi, nonché il più
autorevole apologeta della Fede che la Gran Bretagna abbia prodotto e
sicuramente egli si pone nella schiera di quei convertiti che con il loro
insegnamento e la loro testimonianza hanno inciso nella storia del mondo,
accanto a personalità come san Paolo, sant'Agostino e Gilbert Keith Chesterton.
Newman comprese che il compito della Chiesa non è tanto quello di stimolare
novità in campo dottrinale, quanto quello di vigilare che tali novità, lasciate
al genio personale dei singoli, illuminato dalla costante azione dello Spirito
Santo, non debordino mai dal vero quando la presunzione individuale non
permette più di ascoltare la voce di Dio; tale vigilanza deve essere anche
attuata con atteggiamenti repressivi, quando è necessario: «Nella ricerca
teologica sono sempre stati gli individui e non la Santa Sede a prendere
l’iniziativa e a dare le direttive all’intelligenza cattolica. Anzi, uno dei
rimproveri che si muovono alla Chiesa cattolica è quello di non aver fatto
nulla di nuovo e di avere soltanto servito da remora o freno allo sviluppo
della dottrina. È un’obiezione che io accetto come verità: perché penso che
quello sia proprio lo scopo principale del suo straordinario dono».
Spiegò
con parole di un’attualità disarmante e sconcertante, in quello che è stato
definito il Biglietto Speech, stilato nel 1879 in occasione del conferimento
della berretta cardinalizia: «Per trenta, quaranta, cinquant’anni ho cercato di
contrastare con tutte le mie forze lo spirito del liberalismo nella religione.
Mai la santa Chiesa ha avuto maggiore necessità di qualcuno che vi si opponesse
più di oggi, quando, ahimé! si tratta ormai di un errore che si estende come
trappola mortale su tutta la terra; e nella presente occasione, così grande per
me, quando è naturale che io estenda lo sguardo a tutto il mondo, alla santa
Chiesa e al suo futuro, non sarà spero ritenuto inopportuno che io rinnovi
quella condanna che già così spesso ho pronunciato.
Il
liberalismo in campo religioso è la dottrina secondo cui non c’è alcuna verità
positiva nella religione, ma un credo vale quanto un altro, e questa è una
convinzione che ogni giorno acquista più credito e forza. È contro qualunque
riconoscimento di una religione come vera. Insegna che tutte devono essere
tollerate, perché per tutte si tratta di una questione di opinioni. La religione
rivelata non è una verità, ma un sentimento e una preferenza personale; non un
fatto oggettivo o miracoloso; ed è un diritto di ciascun individuo farle dire
tutto ciò che più colpisce la sua fantasia […]. Si possono frequentare le
Chiese protestanti e le Chiese cattoliche, sedere alla mensa di entrambe e non
appartenere a nessuna. Si può fraternizzare e avere pensieri e sentimenti
spirituali in comune, senza nemmeno porsi il problema di una comune dottrina o
sentirne l’esigenza. Poiché dunque la religione è una caratteristica così
personale e una proprietà così privata, si deve assolutamente ignorarla nei
rapporti tra le persone. Se anche uno cambiasse religione ogni mattina, a te
che cosa dovrebbe importare?».
Quando
Leone XIII lo creò cardinale, scelse, per il suo stemma, il motto, tratto da
san Francesco di Sales, «Cor ad cor
loquitur»: «Il Cuore parla al cuore», quello del Creatore a quello della Sua
creatura. Trovò, inoltre, negli Oratoriani di san Filippo Neri la sua giusta
dimensione religiosa e a Birmingham
costituì la Congregazione filippina del Regno Unito e da quella casa, dove
finalmente era giunto, dopo tanta ansiosa e bramosa attesa, prese ad indicare,
con lo slancio, l’abnegazione e la passione che lo avevano sempre
contraddistinto, la via maestra agli uomini del suo e del nostro tempo.
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