SERVA DI DIO CATERINA PODESTÀ
Madre Caterina Podestà nella sua lunga
vita, fu plasmata dalla Grazia di Dio, che la condusse per sentieri
imperscrutabili e che lei percorse fiduciosa e abbandonata alla Sua volontà.
Fu fanciulla e giovinetta di forte
temperamento, sostegno della famiglia, orfana prematura, giovane sposa e madre,
subito vedova; una delle prime suore Gianelline, cofondatrice, superiora per 52
anni, grande propagatrice della nuova Congregazione delle “Figlie di Maria SS.
dell’Orto, che alla sua morte nel 1884, conterà 80 Case in Europa e in America.
Caterina Podestà nacque a Paggi,
piccola frazione di Chiavari (Genova) il 9 ottobre 1809, secondogenita dei
quattro figli di Antonio Podestà e di Bianca Ginocchio; dopo qualche anno la
famiglia si trasferì a Chiavari.
Aveva dodici anni quando divenne
orfana di padre; con la mamma si assunse la responsabilità della gestione del
negozio di tessuti, di proprietà della famiglia. Con la sua intraprendenza, il
suo forte temperamento, la volontà ferma, l’ingegno pronto, Caterina dimostrò
subito di essere fatta per portare a termine cose difficili e impegnative.
Fisicamente crebbe con bella presenza, aspetto autorevole, portamento
disinvolto e dignitoso, giovanissima avvertì l’attrazione profonda per la vita
consacrata tutta a Dio.
Nel giugno 1826 quando aveva poco più
di 17 anni, arrivò a Chiavari come nuovo arciprete di S. Giovanni, don Antonio
Gianelli (Cereta, La Spezia, 1789 - Piacenza, 1846), che Caterina Podestà scelse
come suo confessore e direttore spirituale; l’acutezza d’intuizione e la
passione innata per le cose di Dio, le consentirono di penetrare nel mistero
della vocazione di Antonio Gianelli. Si stabilì così, fin d’allora una perfetta
sintonia di anime, che, nei disegni di Dio, li porterà a lavorare insieme per
un grande progetto.
Ma proprio quando avvertiva più
imperiosa la sete di Dio e il desiderio di donarsi senza riserve, Dio le chiese
attraverso mons. Gianelli di intraprendere una strada diversa, e così a 18 anni
si sposò con il fornaio Giuseppe Fontanarossa, un giovane timorato di Dio.
Ma due anni dopo, nel 1829 ne rimase
vedova con una bambina di pochi mesi, Angela; le proposte di nuove nozze furono
tante, ma Caterina le respinse tutte, decisa a non accettare altri uomini nella
sua vita, affidandosi ancor di più ai consigli e alla guida del suo padre
spirituale mons. Gianelli, che conoscendo le sue aspirazioni mistiche, la
conduceva senza che lei se ne rendesse conto, ad una vita attiva ma completamente
trasformata interiormente; preghiera, lavoro in famiglia, collaborazione nella
bottega con i suoceri che vendevano il pane, esaminando l’insoddisfazione
segreta che le impediva di essere felice, in un desiderio di Dio espresso anche
nell’amore per gli altri.
Intanto mons. Antonio Gianelli,
volendo attuare un piano d’aiuti concreti per i più bisognosi della parrocchia,
orfani, anziani abbandonati, ammalati, bambini senza istruzione, aveva messo
insieme un gruppo di 12 fra giovani e donne più adulte, che avrebbero dovuto
sopperire alle necessità dei poveri, alla cura degli infermi, all’istruzione
dei bambini e degli ignoranti così diffusi nella società del tempo.
Era il 12 gennaio 1829 e le giovani
donne, nel santuario della Madonna dell’Orto, ricevettero dall’arciprete la
benedizione, le indicazioni di massima e il nome di “Figlie di Maria” a cui in
omaggio all’immagine miracolosa del Santuario, si aggiungerà: “della Madonna
dell’Orto” (Figlie di Maria SS. dell’Orto), conosciute poi come “Suore Gianelline”.
Prima superiora delle 12 aderenti, fu
Caterina Argirolfo di 25 anni e la loro sede fu posta in alcuni locali in
fitto, accanto al vecchio oratorio di S. Antonio nell’omonima via.
I primi tempi, furono contrassegnati
dalla precarietà dei mezzi a disposizione, dai locali fatiscenti da
ristrutturare, ma tutto era compensato dall’entusiasmo tipico degli inizi di
ogni istituzione, che suscitò da subito l’interesse degli abitanti di Chiavari
e dei paesi vicini; tanto che si poté in breve aprire una scuola civile e
un’altra di carità per fanciulle povere, che precorrevano i tempi della
rivalutazione della donna, ancora relegata ai compiti familiari e al lavoro
manuale.
Ma le privazioni, anche di cibo,
l’orario continuo con poco riposo, lo stress consequenziale, già dopo quasi un
anno, portò ad ammalarsi alcune di loro e la defezione di altre e in breve il
gruppo si assottigliò e il malcontento si diffuse nonostante gli sforzi del
fondatore, che esortava a confidare nella Provvidenza, tanto che a fine 1831 la
fragile piantina dell’Istituzione, sembrava destinata all’estinzione.
In questo contesto comparve la figura
della giovane vedova di 22 anni Caterina Podestà; che ormai matura per una
scelta definitiva della sua vita, incline alla vita contemplativa, decise, come
le antiche nobildonne, dopo l’esperienza di sposa e di madre, di lasciare tutto
per dedicarsi completamente a Dio.
E il 19 dicembre 1831, ella si
distaccò con immenso dolore dalla sua piccola Angela di quattro anni, affidata
alle cure dei suoceri e varcò la soglia di vico S. Antonio, dove l’attendevano
la mezza dozzina di superstiti delle Figlie di Maria SS. dell’Orto, con la
superiora Caterina Argirolfo, poco pratica, sebbene tutto spirito e dedizione.
Seguirono giorni terribili di angoscia
e dolore per l’abbandono della figlia, le incomprensioni degli stessi familiari
che le chiedevano di ritornare a casa, per il tumulto di voci che si levavano
dal paese, accusandola di essere una donna crudele e snaturata; ma con l’aiuto
del suo padre spirituale e fine psicologo, mons. Gianelli, seppe superare
l’angoscia, anche se le nere nubi del dubbio ritorneranno sempre in seguito.
Il 29 dicembre 1831, Caterina con due
aiutanti fu mandata dall’arciprete, a prestare la sua preziosa opera
nell’Ospedale di S. Nicola alla periferia di Chiavari, ricavato nel 1810 da un
convento degli Agostiniani.
Le condizioni miserande in cui
giacevano e sopravvivevano i ricoverati, cronici poveri, con l’arrivo delle tre
suore cambiarono totalmente, e se pur con la medicina dell’epoca si poteva fare
poco per guarirli, le mutate condizioni igieniche, sociali e umane, ne
migliorarono l’esistenza, rendendo più accettabile la loro sorte.
Intanto la vita delle suore di vico S.
Antonio, continuò ad essere dura, lavoro intenso di giorno e preghiera
notturna, in breve altre giovani morirono di stenti; allora Caterina che non
approvava gli eccessi, stimolò mons. Gianelli a scrivere delle regole chiare,
alle quali tutte dovevano attenersi senza gestirsi da sole in penitenze e orari
impossibili, che ne minavano la resistenza fisica, a danno dell’attività di
assistenza ai bisognosi a cui erano chiamate.
Il 28 dicembre del 1832, Caterina
Podestà, che non volle mai cambiare il suo nome come facevano le altre suore,
emise i voti religiosi e si donò definitivamente a Dio, diventando per i
cittadini di Chiavari, un esempio luminoso di dedizione agli altri che scuoteva
gli animi.
Iniziò così tutta una serie di
destinazioni, nelle quali il fondatore la mandava, per iniziare nuove opere,
dirigerle, organizzarle o rifondarle; nel 1834 organizzò la nuova sede
dell’Ospizio delle orfane di Chiavari, nel 1835 portò per la prima volta la
Congregazione, fuori dal ristretto ambito di Chiavari, andando ad assistere gli
ammalati dell’Ospedale di La Spezia.
Non si può non accennare alle
sofferenze morali che suor Caterina Podestà, dovette subire dopo questa
trasferta; ella era affetta da gonfiore di ventre per ritenzione di sostanza
azotata, acutizzatosi proprio prima della partenza; tanto bastò che voci
maligne circolassero, dicendo che Caterina si era allontanata per nascondere
una sua gravidanza, indicando come complice qualcuno degli amministratori o il
fondatore stesso.
Si seppe poi che era una calunnia,
messa in giro da una mala femmina ricoverata e assistita dalle suore e che
voleva colpire alcuni sacerdoti, che frequentavano il conservatorio per il loro
ministero.
Mons. Antonio Gianelli, riuscì a farle
confessare spontaneamente la calunnia e tutto rientrò nella normalità,
rassicurando anche l’allarmato arcivescovo di Genova. Madre Caterina quando lo
seppe fu assalita da uno stupore amaro che la soffocava; la ferita morale
rimase in lei fino agli anni della maturità.
Se suor Caterina Podestà fu la 16ª
aderente all’Istituzione di mons. Gianelli, sua sorella Chiara (1815-1869) di
19 anni, fu la 23ª che entrò il 7 giugno 1834 nella Casa di Via S. Antonio; le
due sorelle saranno le colonne dell’Istituzione, Chiara sarà inoltre per 19
anni l’anima della formazione delle novizie, infondendo nelle future suore una
coscienza di sé e delle proprie possibilità, da mettere al servizio di Dio,
dell’Istituzione e dei fratelli bisognosi. Chiara sarà poi la pioniera che con
altre sette suore, partirà a fondare nel 1856 la prima Casa nell’America del
Sud.
Suor Caterina Podestà intanto saliva
sempre più nella fiducia del Fondatore, che le affidava man mano l’apertura di
tutte le opere nelle quali le “Figlie di Maria SS. dell’Orto” saranno chiamate
ad assumere il servizio, oltre Chiavari e La Spezia, anche Ventimiglia, Triora,
Camogli, Genova, Bobbio, Sanremo, ecc.
Si andava cosi definendo il compito
specifico che Dio le aveva riservato nell’Istituto; cofondatrice vicino a mons.
Gianelli, del quale aveva compreso perfettamente qual’era stata la scintilla e
la spinta interiore, che aveva dato vita alla nuova Istituzione: “La carità
redentiva che, attraverso il servizio, coopera alla salvezza dei fratelli”.
Il 6 maggio 1838, l’arciprete Antonio
Gianelli venne consacrato vescovo di Bobbio (Piacenza), la nomina proposta dal
primo ministro del Piemonte conte Solaro a re Carlo Alberto, fu approvata
secondo le regole dell’epoca, da papa Gregorio XVI.
Il senso di orgoglio per il
riconoscimento dei meriti del suo padre spirituale, si associò nell’animo di
Madre Caterina all’angoscia che la pervase per la solitudine in cui venne a
trovarsi; solo con gli anni si riprenderà, aiutata dalla fitta corrispondenza
epistolare che aveva con il vescovo-fondatore, il quale non cessò da lontano
d’interessarsi e guidare con il consiglio, sia lei che le suore della sua
Istituzione.
L’episcopato a Bobbio di mons.
Gianelli, durò otto anni, e in questo tempo i suoi viaggi con le carrozze del
tempo verso Chiavari e di madre Caterina verso Bobbio, furono tanti e lei ormai
dirigeva l’Istituzione, con l’aiuto e il consiglio del fondatore lontano, con
coraggio, saggezza e apertura ecclesiale; consolidava le opere esistenti,
preparando la fondazione di altre scuole ed ospedali a Bobbio, Celle Ligure,
Ventimiglia.
Dopo alti e bassi di una malattia
durata circa un anno, mons. Antonio Gianelli morì il 7 giugno 1846 a Piacenza,
dove soggiornava per riprendersi in salute.
Fu un duro colpo per madre Caterina
Podestà, che si ritrovò da sola con i suoi 37 anni, a dirigere l’Istituzione
cresciuta d’importanza nel numero delle suore e delle novizie, nelle tante Case
ed Opere funzionanti, ma bisognosa di aiuti concreti e continui; la conforterà
la collaborazione della forte sorella Maria Chiara, il lavoro di tutte le suore
e l’apprezzamento di preti e vescovi, che le conoscevano attraverso le
benemerite attività.
Sotto la sua guida, le Suore Figlie di
Maria SS. dell’Orto, con l’aiuto della Provvidenza, si diffusero e
consolidarono e il piccolo arbusto divenne un grande albero; nel 1856 le Suore,
come prima accennato, sbarcarono in America del Sud e con la guida di madre
Chiara Podestà, le forze si moltiplicarono aprendo centri di carità a
Montevideo in Uruguay, a Buenos Aires e Cordoba in Argentina e in altri luoghi.
Due sorelle un solo spirito, un
lavorare in perfetta sintonia, Caterina dalla Casa Madre sosteneva le sorelle
lontane con un’intensa opera di animazione, Chiara in America, estroversa,
forte, decisa ed attiva, diffondeva praticamente la carità di Cristo in una
vastissima area, densa di povertà e assetata d’amore e di giustizia.
E quando nel 1864, madre Caterina,
spinta anche dalla sorella, decise di spostare la Casa Madre a Roma nello Stato
Pontificio, anche per ottenere l’approvazione del papa dell’Istituzione, fino
allora autorizzata solo dai vescovi liguri; le Case in Liguria erano nove, ma
in America erano già 13.
Nel confuso e drammatico periodo
dell’espansione del nuovo Regno d’Italia, prima che accadesse la famosa breccia
di Porta Pia e papa Pio IX si rinchiudesse definitivamente entro le mura
vaticane, perdendo di fatto lo Stato Pontificio, con Roma diventata nuova
capitale d’Italia, il pontefice il 17 ottobre 1868, anziano e stanco, si recò
nella nuova Casa Madre delle Suore in Via 4 Cantoni, presente madre Caterina,
per dare la sua benedizione e incoraggiamento.
Madre Caterina Podestà, continuò
zelante e coraggiosa nella sua attività, basti pensare che alla morte del
fondatore nel 1846, l’Istituto contava 12 Case, alla morte della cofondatrice
nel 1884 erano 80; nel giugno 1882 poté vedere, sebbene gravemente ammalata,
l’approvazione pontificia delle Costituzioni.
Pur desiderandolo vivamente, non
riuscì mai ad andare in America del Sud, a causa dei motivi politici
soprattutto in Italia e poi per motivi di salute, sia quando c’era la sorella
Chiara, sia dopo la sua morte, avvenuta il 1° gennaio 1869, mentre era
provvisoriamente a Roma.
Nel gennaio 1881 fu colpita da improvvisa
trombosi, che la immobilizzò senza conoscenza fra lo sgomento generale; pur
avendo riacquistato in buona parte i movimenti, non recuperò interamente le
altre facoltà, parlava incespicando, la memoria vacillava vistosamente; il
Capitolo Generale del 1883, pur nominando a succederle madre Raffo, le lasciò
il titolo di Madre Generale all’unanimità.
Una polmonite la spense serenamente
nella Casa Generalizia di Roma il 24 settembre 1884, aveva 75 anni. Le due
sorelle Podestà riposano insieme al Verano di Roma, dove sul monumento
sepolcrale, lo scultore Ferrari, scolpì un artistico bassorilievo che le
ricorda.
Nalla Riviera Ligure dell’Ottocento,
fiorirono Caterina, Chiara e tante altre giovani chiavaresi, che sotto
l’illuminata guida di mons. Antonio Gianelli, proclamato beato il 19 aprile
1925 e santo il 21 ottobre 1951, coltivarono tra immense difficoltà, la tenera
pianticella delle “Figlie di Maria SS. dell’Orto” dette poi “Suore Gianelline”,
irrobustendola e diffondendola in Italia e nella lontana America del Sud; la
cui comunità ha dato alla Chiesa e all’Istituzione, la Venerabile Maria
Angelica Perez (Suor Maria Crescenzia, 1897-1932), giovane suora argentina,
avviata sulla strada della beatificazione ufficiale.
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