SAN GIORGIO, SOLDATO
Per avere un’idea del
diffusissimo culto che il santo cavaliere e martire Giorgio, godé in tutta la
cristianità, si danno alcuni dati. Nella sola Italia vi sono ben 21 Comuni che
portano il suo nome; Georgia è il nome di uno Stato americano degli U.S.A. e di
una Repubblica caucasica; sei re di Gran Bretagna e Irlanda, due re di Grecia e
altri dell’Est europeo, portarono il suo nome.
È patrono
dell’Inghilterra, di intere Regioni spagnole, del Portogallo, della Lituania;
di città come Genova, Campobasso, Ferrara, Reggio Calabria e di centinaia di
altre città e paesi. Forse nessun santo sin dall’antichità ha riscosso tanta
venerazione popolare, sia in Occidente che in Oriente; chiese dedicate a s.
Giorgio esistevano a Gerusalemme, Gerico, Zorava, Beiruth, Egitto, Etiopia,
Georgia da dove si riteneva fosse oriundo; a Magonza e Bamberga vi erano delle
basiliche; a Roma vi è la chiesa di S. Giorgio al Velabro che custodisce la
reliquia del cranio del martire palestinese; a Napoli vi è la basilica di S.
Giorgio Maggiore; a Venezia c’è l’isola di S. Giorgio.
Vari Ordini
cavallereschi portano il suo nome e i suoi simboli, fra i più conosciuti:
l’Ordine di S. Giorgio, detto “della Giarrettiera”; l’Ordine Teutonico,
l’Ordine militare di Calatrava d’Aragona; il Sacro Ordine Costantiniano di S.
Giorgio, ecc.
È considerato il patrono
dei cavalieri, degli armaioli, dei soldati, degli scouts, degli schermitori,
della Cavalleria, degli arcieri, dei sellai; inoltre è invocato contro la
peste, la lebbra e la sifilide, i serpenti velenosi, le malattie della testa, e
particolarmente nei paesi alle pendici del Vesuvio, contro le eruzioni del
vulcano.
Il suo nome deriva dal
greco ‘gheorgós’ cioè ‘agricoltore’ e lo troviamo già nelle ‘Georgiche’ di
Virgilio e fu portato nei secoli da persone celebri in tutti i campi, oltre a
re e principi, come Washington, Orwell, Sand, Hegel, Gagarin, De Chirico,
Morandi, il Giorgione, Danton, Vasari, Byron, Simenon, Bernanos, Bizet,
Haendel, ecc.
In Italia è diffuso
anche il femminile Giorgia, Giorgina; in Francia è Georges; in Inghilterra e
Stati Uniti, George; Jörg e Jürgens in Germania; Jorge in Spagna e Portogallo;
Gheorghe in Romania; Yorick in Danimarca; Yuri in Russia. La Chiesa Orientale
lo chiama il “Megalomartire” (il grande martire).
Detto tutto questo, si
può capire come il suo culto così diffuso in tutti i secoli, abbia di fatto
superato le perplessità sorte in seno alla Chiesa, che in mancanza di notizie
certe e comprovate sulla sua vita, nel 1969 lo declassò nella liturgia ad una
memoria facoltativa; i fedeli di ogni luogo dove è venerato, hanno continuato
comunque a tributargli la loro devozione millenaria.
La sua figura è avvolta
nel mistero, da secoli infatti gli studiosi cercano di stabilire chi veramente
egli fosse, quando e dove sia vissuto; le poche notizie pervenute sono nella
“Passio Georgii” che il ‘Decretum Gelasianum’ del 496, classifica tra le opere
apocrife (supposte, non autentiche, contraffatte); inoltre in opere letterarie
successive, come “De situ terrae sanctae” di Teodoro Perigeta del 530 ca., il
quale attesta che a Lydda (Diospoli) in Palestina, oggi Lod presso Tel Aviv in
Israele, vi era una basilica costantiniana, sorta sulla tomba di san Giorgio e
compagni, martirizzati verosimilmente nel 303, durante la persecuzione di
Diocleziano (detta basilica era già meta di pellegrini prima delle Crociate,
fino a quando il sultano Saladino (1138-1193) la fece abbattere).
La notizia viene
confermata anche da Antonino da Piacenza (570 ca.) e da Adamnano (670 ca) e da
un’epigrafe greca, rinvenuta ad Eraclea di Betania datata al 368, che parla
della “casa o chiesa dei santi e trionfanti martiri Giorgio e compagni”.
I documenti successivi,
che sono nuove elaborazioni della ‘passio’ leggendaria sopra citata, offrono
notizie sul culto, ma sotto l’aspetto agiografico non fanno altro che
complicare maggiormente la leggenda, che solo tardivamente si integra
dell’episodio del drago e della fanciulla salvata da s. Giorgio.
La ‘passio’ dal greco,
venne tradotta in latino, copto, armeno, etiopico, arabo, ad uso delle liturgie
riservate ai santi; da essa apprendiamo come già detto senza certezze, che
Giorgio era nato in Cappadocia ed era figlio di Geronzio persiano e Policronia
cappadoce, che lo educarono cristianamente; da adulto divenne tribuno
dell’armata dell’imperatore di Persia Daciano, ma per alcune recensioni si
tratta dell’armata di Diocleziano (243-313) imperatore dei romani, il quale con
l’editto del 303, prese a perseguitare i cristiani in tutto l’impero.
Il tribuno Giorgio di
Cappadocia allora distribuì i suoi beni ai poveri e dopo essere stato arrestato
per aver strappato l’editto, confessò davanti al tribunale dei persecutori, la
sua fede in Cristo; fu invitato ad abiurare e al suo rifiuto, come da prassi in
quei tempi, fu sottoposto a spettacolari supplizi e poi buttato in carcere. Qui
ha la visione del Signore che gli predice sette anni di tormenti, tre volte la
morte e tre volte la resurrezione.
E qui la fantasia dei
suoi agiografi, spazia in episodi strabilianti, difficilmente credibili: vince
il mago Atanasio che si converte e martirizzato; viene tagliato in due con una
ruota piena di chiodi e spade; risuscita operando la conversione del ‘magister
militum’ Anatolio con tutti i suoi soldati che vengono uccisi a fil di spada;
entra in un tempio pagano e con un soffio abbatte gli idoli di pietra; converte
l’imperatrice Alessandra che viene martirizzata; l’imperatore lo condanna alla
decapitazione, ma Giorgio prima ottiene che l’imperatore ed i suoi settantadue dignitari
vengono inceneriti; promette protezione a chi onorerà le sue reliquie ed infine
si lascia decapitare.
Il culto per il martire
iniziò quasi subito, come dimostrano i resti archeologici della basilica eretta
qualche anno dopo la morte (303?) sulla sua tomba nel luogo del martirio
(Lydda); la leggenda del drago comparve molti secoli dopo nel Medioevo, quando
il trovatore Wace (1170 ca.) e soprattutto Jacopo da Varagine († 1293) nella
sua “Leggenda Aurea”, fissano la sua figura come cavaliere eroico, che tanto
influenzerà l’ispirazione figurativa degli artisti successivi e la fantasia
popolare.
Essa narra che nella
città di Silene in Libia, vi era un grande stagno, tale da nascondere un drago,
il quale si avvicinava alla città, e uccideva con il fiato quante persone
incontrava. I poveri abitanti gli offrivano per placarlo, due pecore al giorno
e quando queste cominciarono a scarseggiare, offrirono una pecora e un giovane
tirato a sorte.
Un giorno fu estratta la
giovane figlia del re, il quale terrorizzato offrì il suo patrimonio e metà del
regno, ma il popolo si ribellò, avendo visto morire tanti suoi figli, dopo otto
giorni di tentativi, il re alla fine dovette cedere e la giovane fanciulla
piangente si avviò verso il grande stagno.
Passò proprio in quel
frangente il giovane cavaliere Giorgio, il quale saputo dell’imminente
sacrificio, tranquillizzò la principessina, promettendole il suo intervento per
salvarla e quando il drago uscì dalle acque, sprizzando fuoco e fumo pestifero
dalle narici, Giorgio non si spaventò, salì a cavallo e affrontandolo lo
trafisse con la sua lancia, ferendolo e facendolo cadere a terra.
Poi disse alla fanciulla
di non avere paura e di avvolgere la sua cintura al collo del drago; una volta
fatto ciò, il drago prese a seguirla docilmente come un cagnolino, verso la
città. Gli abitanti erano atterriti nel vedere il drago avvicinarsi, ma Giorgio
li rassicurò dicendo: ”Non abbiate timore, Iddio mi ha mandato a voi per
liberarvi dal drago: Abbracciate la fede in Cristo, ricevete il battesimo e
ucciderò il mostro”.
Allora il re e la
popolazione si convertirono e il prode cavaliere uccise il drago facendolo
portare fuori dalla città, trascinato da quattro paia di buoi. La leggenda era
sorta al tempo delle Crociate, influenzata da una falsa interpretazione di
un’immagine dell’imperatore cristiano Costantino, trovata a Costantinopoli,
dove il sovrano schiacciava col piede un drago, simbolo del “nemico del genere
umano”.
La fantasia popolare e i
miti greci di Perseo che uccide il mostro liberando la bella Andromeda,
elevarono l’eroico martire della Cappadocia a simbolo di Cristo, che sconfigge
il male (demonio) rappresentato dal drago. I crociati accelerarono questa
trasformazione del martire in un santo guerriero, volendo simboleggiare l’uccisione
del drago come la sconfitta dell’Islam; e con Riccardo Cuor di Leone
(1157-1199) san Giorgio venne invocato come protettore da tutti i combattenti.
Con i Normanni il culto
del santo orientale si radicò in modo straordinario in Inghilterra e qualche
secolo dopo nel 1348, re Edoardo III istituì il celebre grido di battaglia
“Saint George for England”, istituendo l’Ordine dei Cavalieri di San Giorgio o
della Giarrettiera.
In tutto il Medioevo la
figura di s. Giorgio, il cui nome aveva tutt’altro significato, cioè
‘agricoltore’, divenne oggetto di una letteratura epica che gareggiava con i
cicli bretone e carolingio. Nei Paesi slavi assunse la funzione addirittura
‘pagana’ di sconfiggere le tenebre dell’inverno, simboleggiate dal drago e
quindi di favorire la crescita della vegetazione in primavera; una delle tante
metamorfosi leggendarie di quest’umile martire, che volle testimoniare in piena
libertà, la sua fede in Cristo, soffrendo e donando infine la sua giovane vita,
come fecero in quei tempi di sofferenza e sangue, tanti altri martiri di ogni
età, condizione sociale e in ogni angolo del vasto impero romano.
San Giorgio è onorato
anche dai musulmani, che gli diedero l’appellativo di ‘profeta’. Enrico Pepe
sacerdote, nel suo volume ‘Martiri e Santi del Calendario Romano’, conclude al
23 aprile giorno della celebrazione liturgica di s. Giorgio, con questa
riflessione: “Forse la funzione storica di questi santi avvolti nella leggenda
è di ricordare al mondo una sola idea, molto semplice ma fondamentale, il bene
a lungo andare vince sempre il male e la persona saggia, nelle scelte
fondamentali della vita, non si lascia mai ingannare dalle apparenze”.
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